Oppure potevi scrivere lunghi messaggi-lettere a tuo fratello, benché lo vedessi tutti i giorni, se volevi spiegargli qualcosa di intimo, personale, e ti vergognavi a dirlo a voce. Fu così che lo informasti di quello strano mistero della masturbazione e della eiaculazione, che ti si era rivelato, dopo alcune prove infruttuose, nel cessetto di servizio, in piedi, davanti allo squadrato profilo della lavatrice, in funzione, borbottante tremante flottante e a un pezzo di muro piastrellato di bianco con un doppio adesivo di Minnie col tutù e di Pippo appiccicati sopra che attiravano irresistibilmente la tua attenzione, accidenti, tu provavi a evocare qualche immagine più erotica del culetto di Minnie che balenava sotto al gonnellino del tutù, ma niente! – lui, senza commentare nulla, ti condusse nella camera dei tuoi. Tu lo guardavi senza capire, con una sensazione di disagio dentro che cresceva a misura ch’egli agiva su quel letto matrimoniale, che aveva rassettato poco prima (svolgeva lui questo compito, quando non veniva la donna), svelandone le lenzuola sotto le coltri, sporcate da una grossa macchia giallognola quasi a forma di cuore. “Ecco, vedi, quel cuore è lo sperma di papà. Che schifo, eh, bleah! Sai perché è giallo, per il fumo!, e perché sennò? Il tuo non è bianco?”
“Sì, bianco, ma poco e denso, una pasta, una bava appiccicosa, te l’ho scritto…”
“Mentre questo è giallo… E tanto… guarda quanto!” fece sollevando un lembo del lenzuolo. Quella scoperta, condita dalle parole insolitamente crude disturbanti di tuo fratello ti fece male. Ti portasti dietro una sensazione strana, di colpa, di vergogna, di umiliazione, forse appena addolcita dalla forma a cuore della patacca, a immaginare i tuoi in quelle faccende affaccendati.