La forma epistolare era proprio una figata! – per comunicare, beninteso, e solo per quello, alla letteratura ancora non pensavi, tutti quei volumi della biblioteca paterna – distribuita in varie librerie, vere o rimediate, di mezza casa, ti intimidivano, li tenevi a distanza, ogni tanto ne prendevi in mano uno, lo sfogliavi, lo odoravi, leggevi due righe e subito lo rimettevi a posto: – ti permetteva di dire cose, la forma-lettera, che a voce magari non ne avresti avuto il coraggio o l’opportunità. Il dialogo si sviluppava in una sola direzione, questo ti piaceva soprattutto, le lettere erano in fondo dei monologhi travestiti. Il destinatario si trovava costretto a subire la tua azione, qualunque fosse, a sciropparsi la tua sbobba fino alla fine senza poter obbiettare alcunché. Era un po’ come un incontro di scherma, o di pugilato, in cui solo a uno dei due avversari fosse consentito di attaccare, mentre l’altro, da figurarsi alla corde, poteva solo difendersi e incassare i colpi dell’avversario. Non è tua la metafora, l’hai letta da qualche parte, ma la spacci per tua ormai. Certo, si dirà, il secondo pugilatore potrà rifarsi, reagire con una nuova lettera, ma questa è un’azione successiva, è un’altra storia! Comunque sia, non potevi sapere, allora, che quel fantastico, potente, esclusivo, mezzo di comunicazione, che avevi inaugurato con tuo padre, sarebbe stato il tuo preferito per tutta la vita, anche nella forma elettronica delle mail, tanti anni dopo, quasi sempre impiegato da te in modo avversativo e polemico. Quante persone hai raggiunto con le tue lettere incazzose! Parecchi, fra parenti e amici e colleghi! Uh, un fottio!
“Caledonian Road” di Andrew O’Hagan – traduzione di Marco Drago (Bompiani)
Una storia senza innocenti o vincitori, ma solo persone ferite che riescono a farcela con quello che resta dopo un evento drammatico destinato a essere uno spartiacque nelle loro vite.