Quindici euro! Possiedo quindici euro…
Due giorni c’ho messo per racimolare tutto ‘sto po’ po’ di ricchezza, due giorni interi sul marciapiede sotto il sole a fare la statua vivente, vestito da Napoleone col tricorno in testa a veder passare gente di ogni risma, quasi tutti indifferenti tranne qualcuno qua e là che lasciava due spiccioli nel cappello ammosciato sull’asfalto che andava liquefacendosi.
È passata pure Nina: a mezzogiorno, nell’ora più torrida quando restare immobile mi costava una fatica che non vi dico, col sudore che mi colava dalla fronte e mi scioglieva il cerone intorno agli occhi lasciando due solchi che mi facevano più Pierrot che Bonaparte.
Non mi ha riconosciuto, truccato com’ero; però durante il mezzo secondo in cui è rimasta nel mio raggio visivo sono riuscito a inquadrare i bei ricci corvini e gli occhi scintillanti, quasi quasi anche la gonna bianca svolazzante e la camicetta a motivi colorati. L’avrei seguita con lo sguardo, se la tachicardia non mi avesse paralizzato e impedito di sfilare la mano dal doppiopetto della giacca e di buttare il tricorno per aria per salutarla e riverirla.
Però sono contento così: sai che vergogna, se la ragazza che mi piace avesse scoperto che gli spiccioli per offrirle una pizza me li posso permettere solo facendo il giullare sui marciapiedi della città? Lei non lo sa che io non posso competere con quei tre fresconi che la portano in discoteca col coupé scoperto del papà, vestiti da gran fighetti e non all’Upim di periferia, come me che con i quindici euro di oggi ‘ciao pizza,’ al massimo le potrei offrire caffè e gelato dopo cena.
Però dammi ancora due giorni da Napoleone e vediamo chi la vince.
Il primo round però l’avevano vinto loro giorni prima, quando Napoleone si era trovato siccome immobile a subire il codardo oltraggio di tre imbecilli che gli avevano buttato il tricorno per terra gridando “Ehi, povero pirla, chi è stato? Forse il vento?” Dieci minuti così, senza poter girare la testa nemmeno quel poco che serviva per capire se Nina fosse con loro.
Eppure, una giustizia in cielo ogni tanto la rivincita la concede, anche al povero Leo che nella vita s’arrabatta facendo la statua vivente.
“No, Gian, non vengo in discoteca, ho mal di testa”.
“No, Pier, stasera devo studiare per l’esame di domani”.
“No, Tony, devo stare a casa per il compleanno della mamma”.
“Ciao Leo, sono Nina. Sei libero che mi porti al cinema stasera? Basta notti a sballare in discoteca, voglio una serata soft”.
Cazzo! Proprio stasera che c’ho solo quindici euro? Me ne servono altri dieci, sennò da Austerlitz finisco dritto a Waterloo!
“Okay cinema, ma dopo le dieci, prima devo finire un lavoro”.
E via di corsa, con tricorno e borsa del trucco, trangugiando un boccone di speranza al posto del panino, in attesa della sorte. In attesa di Nina. Che passa davanti a Napoleone, si ferma, lo fissa negli occhi e infine gli sorride.
Due volte nella polvere, due volte sull’altar ci dice il poeta. A Leo basta una serata al cinema con Nina.