La crepa

Avrebbe potuto lasciare sua mamma lì, sdraiata sul letto e aspettare che le formiche la portassero via, tutta, un pezzetto alla volta.

SINOSSI: La storia si snoda tra il 1916, anno in cui Marta, la protagonista, a 7 anni rimane orfana del padre caduto in guerra e gli anni ’70.
Marta vive a Roma in una villetta liberty infestata dalle formiche con la madre inabile e una ragazzina poco più grande di lei, Lalà, che si occupa delle incombenze domestiche.

La scena si svolge nel 1943.

 

Marta avrebbe dovuto occuparsi della mamma, tirarla su dal letto, lavarla, vestirla, farle fare colazione e portarla poi nella stanza da lavoro dove, solo allora, sarebbe cominciata la sua giornata. Quella però non era una mattina come le altre e Marta, investita dall’odore penetrante di quel corpo vecchio misto all’aria stagnante della notte, fece una smorfia di disgusto e andò ad aprire la finestra.

Era piovuto tutta la notte, l’aria fresca la fece rabbrividire, ciononostante rimase affacciata a guardare fuori incurante del fatto che l’anziana potesse raffreddarsi. Dal giardino saliva la fragranza dell’erba bagnata e si sentiva Lalà scuotere le lenzuola e i cuscini fuori dalla finestra della sua stanza.

Quando Marta a malincuore si voltò decisa ad affrontare le sue incombenze, si accorse che delle formiche nere erano intente a portare via piccole briciole bianche dal cuscino, si dovette avvicinare parecchio per capire che si trattava di pelle, frammenti di pelle morta. Afferratone uno con le mandibole, ogni formica lo sollevava e si dirigeva verso una crepa del muro e dalla stessa crepa ne uscivano altre che si apprestavano a fare lo stesso percorso a ritroso. A volte i frammenti erano così grossi da non entrare agevolmente nella fessura sicché l’insetto era costretto a girarsi, camminare all’indietro e trascinarlo finché inclinandolo, torcendolo e facendo forza sulle zampine posteriori, riusciva in qualche modo a farlo passare.

Marta rimase a fissare la scena, all’inizio con ribrezzo poi con un certo compiacimento: l’idea che pezzettini della mamma, per quanto minuscoli, finissero in un formicaio a ingrossarne le riserve di cibo le strappò un sorriso piuttosto compiaciuto. Avrebbe potuto lasciarla lì, sdraiata sul letto e aspettare che la portassero via, tutta, un pezzetto alla volta.

Quando realizzò che stava di nuovo immaginandone la morte, se ne vergognò e cercò di scacciare quel pensiero, consapevole che comunque quella fantasia si era oramai insinuata nella sua mente.

Anche la notte prima, nella torretta con Nino, quando abbracciata a lui le sarebbe piaciuto addormentarsi, per un attimo la sua mente fu attraversata dal desiderio che la mamma morisse e la lasciasse così libera di vivere la sua vita.

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