Mettere in scena o descrivere

Se immaginiamo un racconto come una partitura musicale, le descrizioni saranno come le pause tra le note.

La grande differenza che c’è tra mettere in scena e descrivere è la stessa che passa tra stare fermi oppure prendere la rincorsa e andare via. Sì, perché le descrizioni fermano il tempo, l’azione. Mettono a fuoco un dettaglio, un particolare, lo dilatano e ci costringono a stare lì, a riprendere fiato o a perderlo.

Se immaginiamo un racconto come una partitura musicale, le descrizioni saranno come le pause tra le note. E se la pausa sarà troppo lunga o troppo breve, il lettore avrà solo voglia di prendere il libro e metterlo via. Lo perderemo, così, dopo una manciata di righe appena.

Per questo le descrizioni, proprio come i dialoghi, sono considerati la bestia nera degli scrittori. È facile, infatti, perdersi nei dettagli e il risultato è che invece di farli brillare, quei dettagli, ci affoghiamo dentro e con noi chi ci leggerà.

Bisogna centellinarle, le descrizioni, devono essere indimenticabili, devono aggiungere davvero qualcosa alla storia e alla messa in scena. In fondo cosa facciamo, quando mettiamo in scena? Mostriamo un personaggio in azione, lo facciamo vivere sulla pagina. Ed è nelle azioni che il nostro protagonista, antagonista, persino l’ultimo dei servitori, lì, sullo sfondo, si rivela. Proprio come accade nella realtà. Potremmo giurare e spergiurare di essere le persone più generose del mondo, le più altruiste, disposte a tutto, persino a dare la nostra stessa vita, pur di ‘salvare’ qualcuno, ma se appena ci chiederanno aiuto, anche solo l’indicazione di una strada, una piazza, ci volteremo dall’altra parte, beh, le nostre azioni parleranno per noi. Diranno chi siamo veramente.

Lo stesso accade in un romanzo o in un racconto, in qualsiasi storia che si rispetti. E se le nostre descrizioni saranno ridondanti, traboccheranno dalla pagina oppure saranno ridotte all’osso, sfinite, anche i nostri personaggi saranno fuori fuoco, la nostra messa in scena sarà fuori fuoco; proprio come in una partitura musicale. Se lasceremo soltanto le pause o solo le note, infatti, chi ci ascolterà avrà solo il tempo di alzarsi, prendere la ricorsa e andare via.

 

Ascolta “516 – Differenza tra mettere in scena e descrizione pt.2” su Spreaker.

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Flavia Ganzenua

Ex allieva di Paolo Restuccia. Ha lavorato come dialoghista televisiva (Rai e Mediaset), ha scritto racconti per antologie collettive (Mondadori), riviste e blog (Nazione Indiana). Ha pubblicato la raccolta "La conta delle lentiggini" (CaratteriMobili, 2013). Conduce da anni laboratori di scrittura.

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