Capita spesso che allieve e allievi chiedano consigli di lettura un po’ più “tecnici”: di ottimi manuali di narratologia ce ne sono tanti, utilissimi per approcciare i romanzi che ci piacciono con un occhio più critico e dare struttura alle nostre idee.
Il problema è che, nella maggior parte dei casi, mi rendo conto che questa richiesta viene fatta per provare a zittire un’insicurezza di fondo; torna spessissimo, soprattutto nelle prime lezioni dei percorsi di scrittura, il leitmotiv “Non sono una persona tanto creativa”, e la speranza è quella di scoprire in un libro la ricetta segreta di autrici e autori, quella in grado di trasformare chiunque in una persona brillante, talentuosa, assolutamente capace di gestire le emozioni e tradurle nelle parole più giuste. È così che immaginiamo chi ha il proprio nome su una copertina, come se discendesse direttamente da qualche divinità e non abbia mai paura che quello che ha da dire non interesserà a nessuno, o che lo dirà talmente male che un fulmine si abbatterà sulla sua testa e non meriterà mai più di vivere nell’Olimpo.
Ecco, a chi ha bisogno di titoli sulle tecniche di scrittura suggerisco sempre di guardare anche i libri in cui queste divinità si raccontano, parlano del proprio personale rapporto con la scrittura, con il terrore di aver sbagliato tutto o che a sbagliare siano stati quelli che finora hanno dato un’importanza ingiustificata alle loro parole e ai loro mondi.
Uno dei libri di questo genere che ho amato di più è stato pubblicato in italiano nel 2022 da nottetempo: si tratta de “La cronologia dell’acqua” di Lidia Yuknavitch, tradotto da Alessandra Castellazzi. È un memoir, durissimo, in cui l’autrice racconta senza sconti una storia di violenze subite e autoinflitte, di perdite devastanti e autosabotaggi degni delle peggiori voci che dall’interno del nostro cervello ci ordinano a gran voce di posare immediatamente la penna, di distruggere tutto quello che abbiamo costruito. Ma è una storia in cui, soprattutto, quello che vince è la scrittura, che si fa acqua e sostiene un corpo che, una bracciata dopo l’altra, impara a tenersi a galla, a lasciarsi accarezzare con fiducia dalle onde.
Buona Lettura!