La moglie del complottista

Un flusso di coscienza che racconta una perdita importante, dove nemmeno il colore del cielo mantiene lo stesso significato.

SINOSSI: Dopo 20 anni di convivenza con l’uomo che ama e con cui sente di essere una cosa sola, Roberta si trova ad affrontare la pazzia improvvisa del compagno innescata dalla paura del Covid. All’inizio la protagonista rimane quasi affascinata dalle teorie complottiste dell’uomo ma quando gli confessa di avere dei dubbi, il compagno la lascia, convinto di non avere più niente da condividere con lei. L’unico modo che Roberta troverà per aiutarlo sarà comprargli una casa per continuare a seguirlo da lontano.

La radio canta, il cielo è sempre più blu-uu-uu, ma io non lo vedo perché qui non ci sei tu. Se invece il cielo fosse grigio mi sentirei meglio, sarebbe più giusto. Mi pare come quando c’è il funerale di qualcuno e c’è il sole. È sbagliato il cielo blu, ti prende in giro. Grigio dev’essere, sempre scuro. Perché sono triste e sono tanto stanca. Stanca di essere sempre la spalla di tutti, l’Atlante che regge il mondo. E reggo mia madre, reggo i colleghi, reggo mio fratello, reggo le amiche.

E poi reggevo te, tutto su una spalla, che dovevi invecchiare con me, che dovevamo passeggiare sulla spiaggia col cagnolino, due vecchietti che si danno la mano.

Però tu qui non ci sei più. E a me si è slogata una spalla, perché sull’altra c’eri tu, con tutto il tuo enorme peso.

Ma un giorno, all’improvviso, tu sei diventato leggero. I matti sono leggeri, volano nel cielo come i quadri di Chagall: puf e sei volato via. Sei incorporeo, fai i viaggi extracorporei e la tua anima è andata altrove. Sbarabam! e io mi sono piegata tutta da una parte.

Ora devo spostare tutti gli altri, ripartire il peso di tutti che reggo sulle spalle. A forza di tenere pesi mi sono venute le vene varicose, mi fa male la lombare e vorrei tanto dormire come quando ero bambina e non mi volevo mai svegliare e mamma veniva tante volte a dirmi: è ora, devi andare a scuola.

Ci vorrei tornare a scuola e imparare tutto daccapo, imparare che non devo fare Atlante, così non mi vengono le vene; voglio essere io che salgo sulle spalle.

Io volevo salire sulle tue spalle ma tu non me lo hai permesso e allora io ho preso in braccio te e ti ho cullato, sono stata tua madre, ma tu piano piano mi hai scalato, ti sei arrampicato sempre più su, perché volevi un trampolino.

E un giorno, all’improvviso, ti sei buttato giù, ti sei tuffato dentro il mare della pazzia, una burrasca di pazzia che nessuno ci capisce niente. Un giorno, all’improvviso, tutte le pietre che avevi dentro le hai vomitate, allora io mi sono spaventata, ho lasciato andare il filo e il palloncino è volato via.

Ora sono sbilanciata, mi devo trovare un altro peso altrimenti mi vengono più vene, solo da una parte, e divento asimmetrica. Io odio l’asimmetria, quando vado a casa degli altri metto tutti i quadri dritti, così raddrizzo pure me.

Chi vuole salire sulla mia spalla libera ora?

Il cielo com’è adesso non lo so, è notte. A Roma non si capisce se ci sono le stelle perché c’è l’inquinamento luminoso e pure quello dell’aria e dell’acqua e della monnezza. Ci sono le montagne di monnezza sotto casa mia, faccio lo slalom, arrivano al primo piano.

Io sto al primo piano, così non mi piove dal tetto perché sopra ci sono altri sette piani e se piove, prima che arriva l’acqua, ci vuole un po’.

L’acqua arrivava sempre quando abitavo all’attico, ma lì c’eri tu e il cielo era blu pure se pioveva. Un giorno pioveva dal lampadario, tu asciugavi tutto con gli stracci e a me cedettero le gambe perché avevamo appena finito di ristrutturare. Ma eravamo due contro la tempesta e vincevamo sempre noi.

Ora al posto tuo c’è rimasto un quadro di niente, tutto azzurro senza nuvolette, e nient’altro. Tu sei uscito fuori dalla cornice, perché sei matto e sai volare, sei andato dove vanno i palloncini, che nessuno lo sa dove finiscono.

Io guardo il quadro vuoto, la cornice inutile che inquadra niente, un cielo azzurro-niente. Allora mi reingoio tutte le tue pietre, sto ancorata al suolo e mi carico sulle spalle tutti i pesi che trovo, così non volo via con te.

 

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