Questo brano è tratto da un romanzo in scrittura a cui Anna Gori sta lavorando durante il percorso “Diventa uno scrittore”.
Alla fermata dell’autobus era assiepata una piccola folla.
Biagio aveva messo una sciarpa leggera intorno al collo, così da poter coprire la bocca, se fosse stato necessario parlare. Salì sul 10, era così pieno che a stento respirava. Si appese con la mano a un gancio vacante tentando di trovare un equilibrio. In realtà era sostenuto dagli altri corpi, stretti, paradossalmente intimi senza nessuna conoscenza. La sera era calata veloce e il contrasto con la luce forte dell’autobus creava riflessi sul finestrino come se fosse uno specchio. Biagio fissò il proprio volto, i capelli spiaccicati e stanchi, gli occhi gonfi e un po’ pesti, come chi si è appena alzato o ha pianto molto. Non riusciva a riconoscersi, con le labbra diventate sottili e incurvate all’interno. Era tutto vero? Quasi senza rendersene conto le sollevò a mimare un sorriso. Le gengive gli apparvero nude e spudorate sul riflesso del vetro.
Richiuse immediatamente la bocca e alzò la sciarpa fino sotto il naso. Si guardò intorno e abbassò rapido gli occhi, il timore di incrociare lo sguardo di qualcuno, un qualsiasi qualcuno che si fosse accorto di quello. E lo incontrò. Un ragazzino di forse sei o sette anni, in braccio alla madre, seduta nel posto sotto di lui. Lo guardava, con gli occhi spalancati e la bocca aperta. Una bocca dove apparivano tanti piccoli denti, come sassolini bianchi con qualche buco in mezzo. Che ironia, Biagio avrebbe dato qualsiasi cosa in quel momento per avere anche solo quei piccoli denti e quei piccoli buchi, che erano sempre una promessa di crescita. Il bambino toccò il viso della madre per attirarne l’attenzione. – Mamma, mamma – disse con voce squillante – quel signore è senza denti come il nonno – e alzò il braccio puntando un dito verso Biagio.
La donna tirò giù il braccio al bambino – non si indicano le persone – mormorò. Gli dette un bacio sui capelli e guardò davanti a sé. Le persone intorno però si girarono all’unisono verso di lui e fissarono la sua sciarpa, tirata sopra la bocca. Biagio si sentì avvampare, d’istinto tirò la sciarpa sopra il naso e insinuandosi tra corpi dondolanti e braccia sospese iniziò a dirigersi faticosamente verso l’uscita.
– Ma sarà uno di quelli del paese di Borgo Vecchio? – disse qualcuno. Altre persone si voltarono. – È uno di quelli che hanno perso i denti? – chiese una signora seduta con la borsa stretta tra le mani. – Cooosa? Ma che dice? – replicò un’altra vicino a lei.
– Ora le racconto. – Alcune persone allungarono il collo verso la signora che prese a raccontare la notizia data al telegiornale regionale di pochi giorni prima e lo fece con la voce di due toni più alta, ben contenta di poter avere quell’inaspettato pubblico.
– Ma non sarà mica contagioso? – disse un uomo con i capelli bianchi e la voce rauca.
Biagio cercava di guadagnare un posto vicino all’uscita e alcune persone si scansarono per non toccarlo, aprendo quasi un varco di fronte a lui. Iniziò a sudare, gli mancava l’aria ma non osava abbassare la sciarpa, teneva gli occhi bassi, vide che i suoi stivaletti nuovi erano macchiati, sentiva un calore insopportabile al volto e le mani fredde. Pregò che la fermata della stazione arrivasse presto, gli sembrava di sentire addosso gli occhi di tutto il bus che lo frugavano avidi, per scoprire la verità.
Non ebbe il coraggio di alzare lo sguardo e non sentì più niente perché in quel momento le porte si aprirono, Biagio rotolò fuori anche se mancavano ancora due fermate. Rischiava di perdere il treno ma si fermò e inspirò profondamente, l’aria della sera attenuò il calore che gli bruciava la faccia e congelò le lacrime agli angoli degli occhi.