Avete mai scritto una recensione? Le recensioni sono destinate ai giornali (oggi anche siti web) e possono trattare di tantissime cose: arte, narrativa, poesia, musica, cinema, teatro, ecc. ma noi concentriamoci sulla recensione dei libri. Recensire significa analizzare e valutare criticamente da un punto di vista sia formale che contenutistico. Il termine deriva dal verbo latino “rĕcensēre” cioè appunto esaminare, passare in rassegna, riflettere. La recensione ortodossa di un romanzo evita di rivelare interamente la trama (e in particolare il finale); fornisce solo estratti del testo e indizi, per non privare il lettore del piacere di scoprirla da sé. Altri precetti possono essere di affrontare l’opera mettendola in relazione con le altre opere dell’autore e magari con altri autori a lui contemporanei; di rispettare questa o quella clausola (regola) interpretativa-strutturale ecc. Ma uno può anche fare a modo suo, sapete, fregandosene di ogni precettistica, seguendo il proprio estro critico. I critici più importanti e più bravi sono quelli che non hanno metodi precostruiti. Basta fare chiarezza su quello che realmente vogliamo. Io vi suggerisco di essere onesti, di dire la verità, di parlare bene se il romanzo è bello, e male se è brutto, di adoperare formule e precetti di narratologia solo se li ritenete utili al vostro ragionamento. Cioè in definitiva di usare il buon senso. Ma se un libro è brutto, è meglio stroncarlo o ignorarlo? Beh, è giusto porsi il problema ma il criterio non è così immediato e oggettivo. Bisogna vedere il contesto, ragionare su una serie di variabili: il giornale per cui si scrive, il pubblico a cui ci rivolgiamo, ecc. Ragionando molto in generale, la stroncatura, lunga o breve che sia, deve “convincere” chi legge a non acquistare quel libro e interessarsi ad altro perché il romanzo in questione è “inautentico”, o per dirla in modo più colorito, è una patacca. Per me la stroncatura ideale è quella “costruttiva”, che possa rivelarsi nel tempo utile all’autore, per il prosieguo della sua carriera letteraria, che instauri quindi un “dialogo sotterraneo” con l’autore.
“Caledonian Road” di Andrew O’Hagan – traduzione di Marco Drago (Bompiani)
Una storia senza innocenti o vincitori, ma solo persone ferite che riescono a farcela con quello che resta dopo un evento drammatico destinato a essere uno spartiacque nelle loro vite.