Scrivere non chiede studi particolari, ma capacità di vedersi e di sentirsi in una maniera nuova. Scrivere non è pubblicare: è scrivere, innanzitutto. Scrivere è un modo di guarire. E non bisogna temere la scrittura, bisogna temere il vuoto, il silenzio che non ha niente da raccontare e da dire.
Roberto Cotroneo,, Il sogno di scrivere, Utet, Novara, 2014, pag. 70
Scrivere non è una moda, non è riempire pagine per potersi poi dire scrittori. Scrivere è investire. Tempo, energia, fatica. È mettersi davanti allo specchio, e guardare chi vediamo specchiato ma ancora oltre. È entrare nei mondi che abbiamo dentro e nemmeno sappiamo di avere. È esplorarli, senza pudore. Il pudore è superfluo, se non dannoso, quando scriviamo. Non possiamo scrivere tenendo accanto la paura di scoprirci, il bisogno di non andare oltre, di non esporci più di tanto, di non cercare oltre la superficie lucida e patinata. Non possiamo tenere accanto il pudore quando accediamo agli angoli più nascosti della nostra anima. Non possiamo aver paura di far venire fuori quel che veramente siamo. Scriviamo perché abbiamo qualcosa da dire, perché vogliamo mostrare al mondo cosa vediamo dalla nostra prospettiva e perché lo vediamo in quel modo. Scriviamo perché anche noi abbiamo il diritto di vedere quel che vediamo così come lo vediamo. Scriviamo perché abbiamo anche paura ad esporci, ma abbiamo bisogno di sconfiggere quella paura. Scriviamo perché non tolleriamo il vuoto del non potere dire né il silenzio della finzione, quel vuoto e quella finzione – figli della paura di mostrarci per ciò che siamo – che, se ce ne lasciamo prendere la mano, entrano nella scrittura e le tolgono forza e verità.