Complicare la lingua

Complico la lingua quando scrivo per essere più fico. No grazie! Ecco il nuovo sconsiglio stilistico di Andrea Carraro

Evitate di complicare inutilmente la lingua. Come in questo caso, di cui eviterò di rivelarvi l’autore: “era sempre più travolto dalla rottura delle sue dighe interiori” – che nel contesto poteva essere tranquillamente sostituito con “Non aveva più nulla da dire”. Evitate le espressioni a effetto che inseguono la precisione scientifica, ma invece approdano a frasi improbabili e pretenziose: “sguardi perimetrali”, “contratture di sentimenti”, “pensieri curvi”. Evitate, normalmente, di essere ampollosi e retorici ed esoterici. Evitate l’enfasi e la prosa esclamativa. Siate semplici, diretti, naturali. Parlate come mangiate, per dir così. Non disprezzate il buon senso, rispettate i vostri lettori. Se quello che scrivete non si capisce, non è colpa del lettore ignorante, ma è colpa vostra che non siete stati chiari quasi sempre.
Vale anche per la critica.

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Andrea Carraro

Andrea Carraro, scrittore, nasce a Roma. Se avesse ricevuto un euro ogni volta che sui media hanno usato il termine “il branco” per parlare di uno stupro di gruppo, citando il titolo del suo romanzo più noto, oggi sarebbe ricco. Invece è “solo” uno scrittore tra i più bravi. Romanziere, autore di racconti e di poesie, nasce a Roma nel 1959. Ha pubblicato i romanzi: A denti stretti (Gremese, 1990), Il branco (Theoria, 1994), diventato un film di Marco Risi, L’erba cattiva (Giunti, 1996), La ragione del più forte (Feltrinelli, 1999), Non c’è più tempo (Rizzoli, 2002) (Premio Mondello), Il sorcio (Gaffi, 2007), Come fratelli (Melville, 2013), Sacrificio (Castelvecchi, 2017) e le poesie narrative Questioni private (Marco Saya, 2013). Ha pubblicato anche due raccolte di racconti, confluite nel volume Tutti i racconti (Melville, 2017). I suoi giudizi critici, sensibili ma affilati quando serve, lo rendono un lettore del cui parere fidarsi con tranquillità.

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