Perché è un romanzo potente, una commedia nera, umoristica e feroce.
Perché il protagonista è così tenero che si mangia.
Perché coinvolge molto dell’immaginario collettivo dei nostri anni.
Perché ci sono due cannibali e diversi supereroi.
Perché la citazione di Marx che c’è all’inizio c’entra proprio.
Perché fa ridere e questo basta.
Perché ci sono Fata Fiatella e Cersei Lannister.
Perché le banche sono cattive e certi bancari di più.
Perché è eccessivo senza diventare mai stupido o volgare.
Perché c’è uno che vuole sembrare Hulk ma è solo grasso.
Perché i mafiosi sono cattivi e non hanno neanche un buon sapore.
Perché tutti abbiamo sostato di notte davanti al frigorifero.
Perché ci sono due cugini tali e quali a Stanlio & Ollio, però uno solo è gay.
Perché è un romanzo sul cibo pubblicato da una casa editrice che si chiama Nutrimenti.
Perché l’ha scritto l’autore di Minchia di mare.
Perché adesso ti appiccico un brano qui sotto e capirai.
Mi chiamo Calafiore e ho fame.
Io ho fame, ho sempre fame. Ho sempre avuto fame. Come Galactus, che divorava pianeti a pranzo e lune a colazione; gli anelli di Saturno se li mangiava per aperitivo, come fossero anelli di calamaro o di cipolla fritti, di quelli che fanno da Burger King, che ti ci vogliono due giorni per digerirli e hai un alito che ti riconoscono a cinque metri di distanza.
“Che ti calasti oggi, Calafiore?”, mi prendeva per il culo Cesare Pavoncello, il responsabile dell’Ufficio logistica e beni immobili. “Bambini morti? E che sei comunista, Calafiore, che ti mangi i bambini?”.
Ma io erano anni che non lo ascoltavo più e, quando proprio non lo sopportavo, quando non sopportavo lui e gli altri impiegati e funzionari del Credito Laziale, guardavo la copertina dei Fantastici Quattro numero 45, quella dove Galactus tutto verde sparava con le mani a Reed Richards e agli amici suoi. La copertina me l’ero attaccata a una colonna del caveau, di fronte al mio tavolino e quando mi facevano incazzare la guardavo, inspiravo forte, gonfiavo la pancia più che potevo, stendevo le mani in avanti e gridavo: “Morite, morite tutti quanti, io vi divoro tutti quanti. Io sono Galactus e ho fame!”
Arturo Belluardo, Calafiore (Nutrimenti 2019)