Ninna nanna, ninna oh

Sfinita dal pianto continuo del suo bambino, la mamma canta una ninna nanna. Nelle strofe il dolore della sua maternità difficile.

– Ninna nanna, ninna oh –

Dormi amore mio, che se tu dormi, riposo anch’io.

Il silenzio della notte è rotto dal tuo pianto, simile al miagolio stridente di un gatto. Penetra nel mio cervello. Mi toglie la ragione.

Ti cullo, ma tu non ti acquieti. Se fossi un pupazzo ti scuoterei fino a rompere il congegno che ti fa essere un disco incantato.

– Questo bimbo a chi lo do? –

La dottoressa mi ha detto “Mi dispiace, c’è qualcosa che non va. Un’aberrazione cromosomica. Più è avanzata l’età della mamma, più aumentano le probabilità che accada”. Poi il suo collega: “Al momento, non possiamo sapere con quale gravità potrebbe manifestarsi”.

– Se lo do alla Befana lei mette fine alla sua vita umana, se lo do all’Uomo nero lui lo porta al cimitero –

“Se la sente di affrontare questa maternità?”

Mi hanno spiegato le ipotesi migliori e quelle peggiori: ritardo mentale, anomalie del tuo sviluppo. Il dolore e la fatica che ci sarebbero toccati.

“Le fissiamo un incontro con la nostra consulente”.

– Se lo do alla Fata coscienza lei mette in luce la repellenza –

Dovevo essere informata e decidere, con consapevolezza, non tanto di te, quanto di me.

“È essenziale che siate voi a supportarvi l’uno con l’altra, qualsiasi sia la vostra scelta”.

Tuo padre ha annuito, pronto alla soluzione immediata.

“Un figlio, io non lo volevo, ma tu hai insistito. Ormai c’è, mi hai quasi convinto. Ma così no”.

– Se lo do al lupo bianco lui lo dà in pasto al branco –

“Finiamola qui”. Io ho continuato a dire di no.

Se n’è andato quando sei nato, spaventato dalla tua testa piccola che rendeva i tuoi occhi e la tua bocca enormi.

– Quasi quasi me lo tengo e al mio cuore me lo stringo –

Come potevo rinunciare a te senza darci una possibilità?

“Sei stata una stupida egoista”.

Avrei voglia di urlare il dolore. Implode muto, mi rompe in mille pezzi ogni volta più piccoli. Non combaciano più, qualcuno si perde, e io sono piena di buchi che non so come colmare.

Se solo potessi dormire un po’. In quell’attimo potrei dimenticarti.

Le altre mamme parlano orgogliose dei loro figli, mentre spingono i passeggini al parco.

“E il tuo che fa? Oh, Signore mio, ma che ha? Che coraggio, non hai pensato…?”.

La testa piccola, senza collo, le mani palmate. Assomiglia a un rospo.

Quando usciamo ti nascondo al loro sguardo girato altrove in fretta.

Mi vergogno, ma non di te. Mi vergogno della mia incapacità. Tutto potrebbe essere dipeso da me, inadatta a seguire le regole di una ricetta.

– Sei il bimbo della tua mamma e io ti canto una ninna nanna –

Per far cessare davvero il tuo pianto, basterebbe che ti stringessi sempre di più tra le mie braccia, pigiando la tua bocca sul mio seno e poi, ancora, il tuo viso fino a farlo scomparire.

Mentre canto questa nenia, tu moduli i tuoi versi. C’è una sorta di dolcezza.

La tua mano palmata mi sfiora la guancia. Una carezza involontaria, ma mi costringe a guardarti. Se solo bastasse un bacio a mutarti.

Stringi i pugni. La tua forza mi sorprende.

“Mamma, sto lottando con te”.

La mia mente inventa le tue parole e ritrovo il mio conforto.

– Ogni bimbo la vita scompiglia, ma lascia che brilli la sua meraviglia

Con le lacrime scivolano via i dubbi che mi tormentano. Benedico ogni dolore, ogni solitudine, ogni difficoltà, ogni stanchezza. Valgono anche un solo attimo con te.

– Ninna nanna, ninna oh –

Hai smesso di piangere. Chiudo gli occhi e ti sussurro: “Dormi amore mio, che se tu dormi, riposo anch’io”.

 

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Ester Arena

Medico legale, vive a Roma. Abituata a cercare e osservare i dettagli patologici, scrive raccontando la vita e l’animo umano, dopo averne sezionato ed esaminato gli angoli bui. Ha pubblicato racconti su magazine letterari e su antologie, il romanzo “Il piano cartesiano dell’amore” (Il seme bianco, 2018) e la raccolta di racconti “Ground Zero” (Ensemble, 2022)

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