“Crisalide” di Anna Metcalfe (NN)

Una ragazza smette di avere relazioni sociali e si rinchiude in un progressivo silenzio, appartata rispetto alla chiassosa solitudine dei rapporti umani superficiali.

Cosa resta di noi quando smettiamo di corrispondere alle immagini che il mondo ha di noi. Questa è la domanda rivolta a ogni lettore che questo romanzo, in maniera potente, racconta. Una ragazza smette di avere relazioni sociali e si rinchiude in un progressivo silenzio, appartata rispetto alla chiassosa solitudine dei rapporti umani superficiali, e decide di comunicare il suo tentativo di unirsi al respiro intermittente della natura. I suoi video in pose plastiche, dal titolo di quadri con nature morte, diventano virali e le forniscono sostentamento economico.

Ispirato dal libro di Han Kang, La vegetariana, il romanzo si sviluppa su tre voci, quella di Elliot, un ragazzo con cui lei ha una avuto una breve relazione sentimentale, la madre, Bella, una pittrice e madre single, e Susie, una ex collega dello studio legale, che l’ha accolta in casa dopo la fine di una relazione tossica con un altro collega. Di lei non sappiamo il nome, sappiamo che ha sofferto da bambina di ciclici attacchi di panico manifestati con movimenti scomposti delle membra, attenuati dalla meditazione suggerita dalla maestra. Sappiamo che ha cercato di esercitare potere sulla madre e da adolescente si è scrollata di dosso vari tentativi di bullismo come polvere destinata a non depositarsi che, dopo aver lavorato come praticante in uno studio legale e aver iniziato a convivere con il collega, si è adeguata a una forma umiliante di segregazione, senza denunciarlo.

Quando il tremito incontrollato esplode di nuovo, lei inizia a tagliare i legami che non le servono e decide di andare in palestra per espandere il proprio corpo, in modo da occupare più spazio e affermare il suo posto nel mondo.

La sua scelta di silenziarsi, come dice lei, è seguita da grappoli di persone, decise a far spazio all’essenziale e tagliare via il superfluo e suscita nei loro parenti e amici, esclusi da quella visione radicale, sgomento e rabbia.

Siamo tutti e tutte crisalidi in attesa di trovare la nostra forma perfetta, il nostro io più autentico e scarnificato che emerge dalla confusione di vestiti, legami, scadenze, aspirazioni indotte e debiti.

La linea tra solitudine e isolamento è sottile, un confine impalpabile tra consapevolezza accresciuta del sé e malattia, disagio incomunicabile, frustrazione e desiderio di fuga. Ognuna delle tre voci narranti, che hanno in comune il tono dolente, affettuoso e pieno di rimpianto per le cose non dette abbastanza alla protagonista, reagiscono diversamente alla sua scelta estrema. La nostra friabilità umana si disvela quando, con attenzione disperata e caparbia, vogliamo farci riconoscere, metterci in mostra come bambini desiderosi di approvazione sfrenata. Ed è proprio quella brama insaziabile a renderci sottomessi al mondo che vuole suggerirci come dobbiamo vestirci o truccarci o semplicemente vivere. A volte scegliamo di esistere in modalità mimetica, camaleontica, disposti a non capire più chi siamo, pur di essere al sicuro, di essere amalgama con gli altri.

Per capire chi siamo davvero, forse, occorre un atto di coraggio, allontanarci dallo sguardo giudicante e crearne uno, intimo, personale, dove la crisalide si nutre, in attesa di assumere una forma o più forme, tra quelle che desidera.

 

“Avevo imparato a parlare con un accento neutro, non regionale, così nessuno sapeva bene se venissi dal nord o dal sud, oppure dall’estero. Stavo bene attenta a presentarmi come la persona giusta in ogni tipo di situazione e, per molto tempo, ho creduto che vivessero tutti così – sforzandosi di fare la cosa giusta fingendo però di non fare fatica. Non mi era mai venuto in mente che essere esattamente chi sei potesse rivelarsi qualcosa di potente, perfino di vantaggioso.

Adesso ho una maniera completamente diversa di capire le cose, mi basta sentire come reagisce il mio corpo. Contrazioni muscolari, crampi alle gambe, spalle rigide, respiro corto. È una lingua che ho imparato, una delle molte cose di cui è stata lei a insegnarmi l’importanza. Quando l’ho conosciuta non ero in gran forma.  Ero una di quelle persone che sprecano energia. Mi ci è voluto un sacco di lavoro sui muscoli per modificare la mia personalità, per cambiare anche in questo.”

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Marilena Votta

Marilena Votta nasce a Napoli e trascorre la sua infanzia e adolescenza in un luogo fatto di sole accecante e ombre altrettanto tenaci. Ha pubblicato le raccolte di racconti Equilibri sospesi, La ragazza di miele e altre storie (Progetto Cultura, 2016) e Diastema (Ensemble, 2020), e la raccolta di poesie Estate (Progetto Cultura, 2019). Il suo racconto “Fratello maggiore fratello minore” è stato pubblicato nell’antologia “Roma-Tuscolana”. Alcuni suoi racconti sono disponibili su varie riviste on line e cartacee. Nell’ottobre 2021 pubblica il suo primo romanzo, Stati di desiderio, con D editore. Del suo rapporto con la scrittura asserisce, convinta, che è il suo posto nel mondo. Scrive recensioni di libri che ama per "Dentro la lampada", la rivista della scuola Genius.

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