Vicini di casa

Azzurra Bianchini è la più osservata e la più odiata del condominio. Ma cosa nasconde, davvero, quest'odio?

Io e mio marito ci siamo trasferiti in un piccolo appartamento con giardino a Seano, frazione di Carmignano. Un condominio di tre piani e nove appartamenti. È la nostra prima esperienza in condominio e siamo molto felici di avere dei vicini di casa. Il primo a presentarsi è Antonio che vive nell’appartamento a destra, per chi guarda dalla strada. Un elettricista-idraulico-caldaista-contadino-muratore-carpentiere in pensione. Viene dalla Bassa, così si presenta e infatti il suo accento è inconfondibile, un mix tra barese e toscano, baro-toscano appunto. Comunque, a parte mio marito, mi sa che qui siamo quasi tutti della Bassa. Antonio ha idee grandiose per far funzionare il condominio ma non vuole spendere soldi… vuole far le nozze co’ fichi secchi, come si dice da queste parti. Il nostro appartamento confina, sul retro, con quello di Leo e Letizia, una coppia con cui leghiamo subito. Vivaci, carini, lei ha origini palermitane ma è naturalizzata pratese, con una parlata strascicata e verace. Leo è succube dell’esuberanza di lei, si capisce. La Leti è magrissima e alta, capello corto, tuta e vestaglia, un po’ trascurata, un po’ mascolina, un po’ so tutto io, e non fa altro che raccontare dei tempi in cui era una figa super curata, ammirata da tutti, ma proprio tutti, stento a crederci; dice che non ama cucinare, così qualche volta li invitiamo a cena e stiamo in compagnia. Accanto a loro c’è un appartamento in vendita. Al primo piano ci sono Mimmo e Beatrice con i loro due figli, brutti ma buoni come i biscotti, e con il loro accento calabro-toscano. Mimmo è piccolo, con la testa e le mani sproporzionate; un grande lavoratore innamoratissimo di sua moglie Beatrice. Io e mio marito pensiamo sia un nano forse perché Beatrice è giunonica, allora accanto a lei sembra piccino piccino. Quando Mimmo apre bocca non si capisce niente e mio marito puntualmente dice: “Oh Mimmo ‘unno capito nulla” e aspira la c. In garage hanno tre congelatori a pozzetto e scaffali su tutti i muri e a tutt’altezza che, quando tornano dalle vacanze a Rossano Calabro, riempiono, comesenoncifosseundomani, di provole, salami, nduja dolce e nduja piccante, soppressata dolce e soppressata piccante, salsiccia dolce e salsiccia piccante; in Calabria c’è una grande quantità di cose dolci e piccanti, la base è sempre e solo il peperoncino, e poi i Calabresi amano l’abbondanza, soffrono all’idea di rimanere senza calabro-cibo, Mimmo e Beatrice non fanno eccezione e quando tornano su noi condomini facciamo la ola… perché senz’altro ci tocca qualcosa. Niente male stare in condominio. Di fronte a Mimmo e Beatrice c’è Angiolino, l’uomo più dolce e arrapato del mondo. Vive da solo e ha una sorella che una volta alla settimana viene a rigovernargli la casa. Ogni domenica mattina esce di casa tutto profumato per andare alla messa, accompagnato sottobraccio da una signora rumena o polacca, poco importa, sempre diversa. Quando torna dalla messa si sofferma sul pianerottolo e racconta, al primo che si trova a passare, le sue avventure amorose. Al secondo e ultimo piano c’è Zummolo, una specie di seguace di Mussolini, a modo suo, tutte chiacchiere e distintivo, arrogante e omofobo. Poiché è in affitto, nessuno gli dà molta corda, ed è stato subito chiarito che le decisioni le prende la proprietaria. Ci accordiamo per l’autogestione, così da risparmiare sulle spese di amministrazione, e ci dividiamo bonariamente i compiti: Beatrice si occupa di pagare le bollette della luce delle scale; Mimmo, Antonio, Leo e mio marito si occupano delle manutenzioni, mentre Angiolino li intrattiene con i suoi racconti hard. Zummolo meglio lasciarlo fuori, tanto ‘un conta nulla. A me tocca la gestione dell’autogestione: “Tu sarai il capo condominio, perché hai fatto le scuole alte” mi dicono all’unanimità.

Il primo anno nel nuovo appartamento trascorre senza problemi e il bilancio della vita condominiale è più che positivo. Con qualcuno abbiamo istaurato un vero rapporto di amicizia e frequentazione, con qualcun altro di semplice circostanza “buongiorno, buonasera, avresti del sale che l’ho finito?” comunque, mai uno screzio. Ci piace la vita in condominio.

Un bel giorno arriva la nuova proprietaria dell’appartamento posto al piano terreno di fronte a Leo e Leti, quello in vendita. Immediatamente Leti la scannerizza dallo spioncino. Beatrice, giù in garage, tra una provola e un salame, conta, con la meticolosità di un ragioniere, il numero enorme di scatoloni, scatolini, scatole di scarpe, appendiabiti, bauli, cappelliere… vidi tu a chista! Dice fra sé.

“L’hai vista? Non si può guardare!”, Leti mi suona appena mi sente rientrare in casa. “Chi?” faccio io assalita. “Quella nuova, si chiama Azzurra, è completamente rifatta, pare l’abbia solo lei” commenta tenendo una mano sul fianco e muovendo l’altra a mulinello. Inizia una descrizione minuziosa e mimata, si accarezza i capelli “extension biondissime”, si alza le tette con entrambe le mani “tette al posto delle tonsille”, si strizza le guance “zigomi al posto degli occhi”, con il dito si tira in su la fronte “naso appeso alla fronte”, con le dita a pizzicotto “labbra a canotto”, si gira culo a ponte “culo al posto dei reni”. “Ammazza, le hai fatto scansione e autopsia?” faccio divertita. Continua a dirotto, “è arrivata su una mini rosa shocking, è scesa su dei trampoli tacco 14, in un braccio una Louis Vuitton, con l’altra mano tiene al guinzaglio un dogo argentino che pare un cavallo. Lavora in uno studio di chirurgia estetica”. “Hai ingaggiato un investigatore?”, le domando con le lacrime agli occhi. “Certo!” incalza, “non ha fatto altro che parlare al telefono in giardino. L’ha fatto a posta per farmi sapere. Ha detto che voleva la villa e il papi le ha comprato l’appartamento a Seano”. “T’immagini te”. Leti è imbestialita, non la può vedere. Io penso sia anche un po’ invidiosa perché lei non è più così figa; in verità nessuna di noi lo è.

Azzurra Bianchini non ha perso tempo a rendersi antipatica, infatti dopo non molto ci ha fatto sapere che per legge in un condominio con più di otto proprietari è obbligatoria la nomina di un amministratore e, immediatamente dopo, ha chiesto anche l’automazione del cancello che conduce al garage. Doppietta. Fine dell’autogestione e inizio del moltiplicarsi delle spese condominiali. A volte il condominio può essere complicato.

Azzurra è diventata la più odiata e la più seguita del condominio, la chat “Condominio Seano” è stata rinominata “Azzurra Bianchini”. Prima solo qualche sporadico messaggio, ora conversazioni continue: Leti:<sta uscendo, vista ora dallo spioncino>. Bea: <ok scendo in garage>. Leti: <guarda com’è vestita, pazzesco>.  Tutti impegnati a contare le volte in cui apre e chiude il cancello automatico, entra ed esce con la mini rosa shocking; appena apre lo sportello si spandono nell’aria le note di Crazy in love, ovviamente, e la fragranza di Manifesto Yves Saint Laurent, che copre tutto, persino il tanfo di provole e salami. Antonio è indemoniato e preoccupato per la sua quota <ci lu bruciu chiddu cancellu> scrive esasperato; Angiolino, invece, si diverte con tutto questo movimento, quando passa Azzurra lui insegue la scia e si emoziona, <là mi fa impazzire!>, ora chatta anche lui.

< Vieni per un caffè> mi scrive Leti una domenica dopo pranzo, è una scusa per darmi gli ultimi aggiornamenti: “Ho visto l’appartamento” esordisce elettrizzata “una cafonata! Ha spalancato la porta e io casualmente ero sul pianerottolo: un enorme lampadario di cristallo sopra un enorme tavolo di cristallo, intorno sedie imbottite a schienale alto, da una parte due poltrone nere stile Luigi XV, cucina laccata bianco-lucido, parquet nero-lucido, cuscini zebrati e tigrati, bianchi e neri, dappertutto”. La interrompo “Wow che occhio, quanto tempo sei stata lì? Una settimana?”, manco mi sente e continua con la dettagliata, infinita descrizione di mobili e suppellettili, alzando il tono della voce in preda a un’euforia incontrollata: “Quadri, candelabri, candele, vaso con fiori finti, come lei. Non è finita, ora arriva il bello, ha pavimentato il giardino e ha messo una casetta di legno!” Salto in piedi “No! Non lo può fare!” Suonano alla porta. Leti guarda dallo spioncino, si gira verso di me con gli occhi sgranati e solo con il labiale: “Cazzo, è lei”. Apre la porta: vestaglietta rosa trasparente, tette al posto delle tonsille, extension perfettamente boccolose, ciabattine con piumette rosa, mani sui fianchi… “Mi avete spiato, avete ascoltato le mie conversazioni, dovrei denunciarvi ma non lo farò perché mi fate pena! So che avete una chat. Sempre lì a guardare e a sparlare. Io sono una Signora, voi no! Io non ho niente a che spartire con voi!” Gira sulle ciabattine con le piumette rosa e se ne va. Leti, viola di rabbia, “Oh, bellina” allunga il braccio per fermarla e il suo braccialetto rimane impigliato a un boccolo biondo e straaap… Azzurra rimane con una ridicola retina in testa. “Oddio che impressione, è corvina” faccio io, “Ahiaaa!” fa Azzurra con la parrucca in mano, come una bestia feroce si lancia contro Leti. Io faccio un balzo indietro e per pura fortuna mi scansano; inizia una lotta all’ultimo sangue: giù calci, schiaffi, graffi, ciocche di capelli che volano, offese di tutti i tipi. Arriva Angiolino. “Aiutami dobbiamo dividerle” urlo, lui sorride divertito e dice “’Un ci penso nemmeno… le son meravigliose, gli è meglio del cinematografo” e batte le mani incitando la lotta. In quel dimenarsi scomposto e furioso Leti e Azzurra inciampano in una prolunga che corre giù per le scale e attraversa l’androne sino al portone, il famoso ponte elettrico di Antonio. “Eccoci, ora una denuncia per danni non ce la leva nessuno” penso tra me e me. Si rotolano sul pavimento dell’androne come se fossero nel fango, si avvinghiano, si acchiappano, si mordono come gatte selvatiche. “E vai così!” Angiolino, rosso in viso come un San Marzano, continua a ridere e a incitarle battendo le mani.

A un certo punto la mano di Leti scivola sulla tetta rifatta della “Signora Bianchini” e gliela strizza forte, come se volesse capirne la materia. Azzurra emette un gridolino e rigida punta la ciabattina rosa sull’accrocco di Antonio, salta la luce. Silenzio e buio pesto.

“Ci sono, ci sono”, dopo qualche lunghissimo secondo arriva Antonio a fare luce con una torcia da cantiere e occhio di bue su Azzurra che proprio in quel momento afferra la testa di Leti, con entrambe le mani, curatissime, e la fissa ardentemente negli occhi, allora i morsi diventano baci appassionati, gli schiaffi dolci carezze, le urla gemiti, l’una avvinghiata all’altra, in un avvinghio amoroso.

Mi impietrisco come una statua di sale, il capo mi penzola in avanti, strabuzzo gli occhi, non posso crederci, sono su Candid Camera? Alzo gli occhi cercando in ogni angolo e sopra-porta dell’androne una telecamera nascosta.

Angiolino continua a ripetere “Visto, visto che ti avevo detto?” E batte le mani come un cretino. Si sente scendere le scale, Beatrice davanti, Mimmo dietro e dietro ancora i brutti ma buoni, tutti in fila come Biancaneve e i tre nani: “Madonnina!” fa Beatrice portandosi una mano alla bocca e con l’altra battendosi per tre volte il petto. Mimmo apre le braccia a croce come un Cristo, sventolando due provole da chilo, e alzandosi sulle punte prova a coprire gli occhi dei figli, brutti ma buoni, disposti accanto lui come i due ladroni. “O babbo, un vedo nulla” fa il brutto ma buono più piccolo cercando di dribblare con la testa la provola, “Mutu, t’ammazzu” lo fucila il padre guardandolo dritto negli occhi. Dietro di loro c’è Zummolo: “Icche’ lè sto maialaio? Ah no, lè un lesbicaio!” La chiave gira nella serratura del portone ed entrano Leo e mio marito. “Leti, icché tu fai?”, urla Leo. Si aprono le porte dell’ascensore: “Buonasera, sono l’amministratore”.

Angiolino: “O via via ‘un manca proprio nessuno!

 

Nell’androne i maschi si scambiano battute sessiste. Letizia e Azzurra avanzano, facendosi largo tra quella piccola folla di imbecilli, e tenendosi per mano portano a spasso il dogo argentino nella vigna di fronte casa. Si abbracciano, si accarezzano teneramente, si sono capite profondamente, sono veramente belle insieme. Mi incuriosisce la loro naturale complicità, l’ambiguità dei gesti, così quando passano mollo tutto e le spio da dietro le persiane. <Sono andate nella vigna>, scrivo a Bea, <cosa fanno?> mi chiede lei, e giù a spiare e chattare, chattare e spiare.

Qualche volta mi spingo oltre, esco di casa e vado anch’io nella vigna. Rimango nascosta dietro una vite, poi salto fuori facendo finta di essere lì per caso.

 

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