“Insomma siete ricchi” di Diane Williams (edizioni Black Coffee)

Una raccolta di racconti brevissimi dove l’orrore della vita quotidiana, la violenza e l’infelicità sono condensati in poche frasi.

La sperimentazione linguistica ed emozionale, perché entrambe le cose procedono insieme, caratterizza questi racconti brevissimi, al massimo di due pagine, a volte di poche righe. Sono novelle cosiddette di flash fiction, dove l’orrore della vita quotidiana, la violenza e l’infelicità sono condensati in poche frasi o combinazioni di parole, e il risultato davvero ti sbatte addosso, quasi fino a farti male e, a volte, inaspettatamente ti fa sorridere. Coltelli e torte, sorrisi tirati come angoli di lenzuola, crepe in matrimoni densi come sangue rappreso, aspettative e recriminazioni taciute o urlate, l’umanità colta nel momento in cui rivela se stessa, inconsapevole di essere vista, spaventosa o bella, a seconda di chi legge, o scrive.

Di quante parole abbiamo bisogno per mettere in scena lo spaesamento di una giovane moglie, ansiosa sul nome da dare alla bambina che aspetta, dove la suocera compiaciuta suggerisce i nomi che ritiene più appropriati, davanti a una deliziosa e immangiabile torta di luce?

E una moglie che subisce, stupefatta, tra le lenzuola i desideri sessuali del marito, al quale non riesce a dire di no, ma che la vedono inappagata e rassegnata, con un pizzico di rabbia?

Ecco, Diane Williams sabota tutte le costruzioni fraseologiche e riducendo all’osso la trama ci svela il finale contenuto nell’inizio, la brutalità assordante di ogni perfetta famiglia americana. Insieme a lei entriamo in salotti disordinati e pieni di peli di cane, lettere segrete mai scritte, rivelazioni imbarazzanti, e abbiamo voglia di restare lì, in quel minuscolo frammento di tempo, dove la tenerezza apparente si snoda e diventa qualcos’altro, più reale, più intenso, e sfugge a ogni catalogazione.

 

“Per iniziare la moglie lo aveva spruzzato d’acqua nebulizzata e non si era accorta della monotonia che c’era nell’aria, forse perché un elemento di pericolo fisico o mentale c’è sempre – e perché non dovrebbe?

Poi il marito aveva alzato la mano per porre fine al supplizio. Il braccio era piegato, con il palmo della mano rivolto verso di lei… ma finora non le aveva mai rivelato con sufficiente vigore la sua vita interiore e di questo lei gliene era grata.

Vedendo una sfumatura rosa aveva immaginato che là fuori il sole stesse tramontando e aveva pensato Cosa può fare per me quel rosa da urlo? Lascialo penetrare, come crema per le mani”.

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Marilena Votta

Marilena Votta nasce a Napoli e trascorre la sua infanzia e adolescenza in un luogo fatto di sole accecante e ombre altrettanto tenaci. Ha pubblicato le raccolte di racconti Equilibri sospesi, La ragazza di miele e altre storie (Progetto Cultura, 2016) e Diastema (Ensemble, 2020), e la raccolta di poesie Estate (Progetto Cultura, 2019). Il suo racconto “Fratello maggiore fratello minore” è stato pubblicato nell’antologia “Roma-Tuscolana”. Alcuni suoi racconti sono disponibili su varie riviste on line e cartacee. Nell’ottobre 2021 pubblica il suo primo romanzo, Stati di desiderio, con D editore. Del suo rapporto con la scrittura asserisce, convinta, che è il suo posto nel mondo. Scrive recensioni di libri che ama per "Dentro la lampada", la rivista della scuola Genius.

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