Quando Elisabetta Innocenti ha cominciato a scrivere questo romanzo, Lo spirito della pianura (Setteponti edizioni 2024), correva il rischio di realizzare un testo in cui le imprese e le sofferenze di Lakota, Dakota, Sioux, Apache o Comanche venissero percepite come ormai del tutto passate, degne al massimo di un saggio storico o di un film western, che magari cerchi di raccontarle con un po’ di obiettività.
Ma mentre lo leggevo, mi rendevo conto che Elisabetta, invece, ha il pregio di saper raccontare attraverso i suoi protagonisti una vicenda contemporanea, realistica (nella quale chiunque di noi può immedesimarsi) e nello stesso tempo far rivivere le atmosfere della vita nelle nazioni cosiddette indiane, insieme a quelle dei nostri giorni.
In una narrazione che si sviluppa su due piani, che si alternano l’uno all’altro.
Abbiamo un piano temporale che va dal 1855, quando un bambino Lakota di otto anni che vive nel suo villaggio riceve il suo nome Yuma, Figlio-del-Capo; e arriva al 1900 dopo alterne e avventurose vicende.
Un altro piano temporale invece va dal 1955, quando Enapay, un bambino Lakota che studia nella scuola pubblica, fa i suoi primi infantili disegni; fino al 2000, quando si ritrova adulto ad affrontare la sua vita, giorno dopo giorno.
E poi chi non ha mai avuto la passione per l’epopea indiana? Io sì! Per questo mi fa piacere parlarne con lei oggi.
Elisabetta Innocenti, prima di tutto, perché i pellerossa?
Diversi anni fa, quando frequentavo l’università di Pisa, ho fatto due esami di letteratura nordamericana e mi sono subito appassionata alla cultura dei nativi.
Non sarebbe stato più facile scrivere una storia ambientata in Italia?
Forse sì, ma ultimamente sono attratta da storie ambientate in luoghi distanti da dove vivo: ambienti che mi fanno sognare e che credo facciano sognare anche i lettori.
Pensi che i popoli tradizionali nascondano una saggezza che noi contemporanei abbiamo dimenticato?
Sì, penso che la tradizione nasconda una saggezza da non dimenticare, soprattutto quando il popolo in questione ha subito ingiustizie e sopraffazioni.
Hai studiato molto per ricostruire la vita quotidiana degli indiani?
Oltre ad aver consultato alcuni saggi sulla vita degli Indiani d’America, ho navigato molto in Internet alla ricerca dei loro usi e costumi e ho avuto pure la fortuna di trovare un dizionario della lingua Lakota on-line, con i termini italiani corrispondenti. Se avrò fatto degli errori, spero di essere perdonata!
Un simbolo molto forte che hai usato nel libro è quello del lupo, ti appassiona molto?
Il lupo non è solo un animale da proteggere. Esso rappresenta il coraggio, l’intuito, la forza interiore. Sono rimasta piacevolmente impressionata anche dalla leggenda del lupo bianco e del lupo nero – che ho inserito nel libro – entrambi con caratteristiche diverse, che poi sono quelle che sono in ognuno di noi. Chissà, forse proprio per questo, senza rendermene conto, ho scelto prima un cane bianco maschio e adesso una femmina nera, adottata da un canile della mia zona, di due razze molto simili al lupo: entrambi esempi di amore incondizionato.
E i pellerossa di oggi, come li vedi?
So che alcune famiglie di nativi si sono arricchite dopo la scoperta di giacimenti petroliferi nella terra delle riserve, mentre altri vivono ancora nell’indigenza. Purtroppo, anche chi ha trovato la ricchezza spesso ha problemi di alcolismo, senz’altro dovuti alla mancanza di una vera identità e riconoscimento come popolo.
Chi è il tuo protagonista nel passato?
Il protagonista del passato è Yuma o Figlio-del-Capo, un giovane guerriero Sioux dell’800, che cresce nel Sud Dakota affrontando la lotta per la sopravvivenza insieme alla sua tribù e a quella dei Cheyenne, di cui fa parte il suo grande amore: Sanuye o Nuvola-Rossa-al-Tramonto. Nella vicenda del passato l’animale sacro che viene più messo in evidenza è il bisonte.
Chi è il tuo protagonista nel nostro tempo?
Il protagonista del nostro tempo è Enapay o Senza-Paura, un uomo distrutto dall’alcool, che forse riuscirà a trovare la pace percorrendo ‘la via del Lupo’.
La sua creatività è in crisi come il suo amore?
Eh, sì, Enapay è un artista che a un certo punto perde l’ispirazione creativa insieme all’amore della sua vita che si allontana da lui. Chissà se poi riuscirà in qualche modo a uscire dalla duplice crisi… Soltanto leggendo il libro potrete scoprirlo.
C’era qualcosa che volevi dire con questa storia?
Questo libro è nato come un racconto per ragazzi: incentrato sulla storia di un cavallo, un Paint Horse, e del suo giovane padrone. In seguito ho voluto dare un respiro più ampio alla narrazione, inserendo due vicende intrecciate, una al passato e una al presente, e il racconto è diventato un romanzo. Adesso chiunque può leggerlo e capire che lo ‘Spirito della Pianura’ soffia direttamente dentro di noi: è la nostra vera essenza. Esso rappresenta i nostri sogni che, una volta scoperti, nonostante le difficoltà che incontriamo sulla nostra strada e in noi stessi, non dovremmo mai tradire.
Come dice Bisonte-che-Cammina: Io cerco la forza, non per essere più grande di mio fratello, ma per combattere il mio più grande nemico: Me stesso.
La cultura dei nativi americani può quindi insegnarci a seguire ‘lo Spirito del Lupo’, nel rispetto per se stessi e per la Natura, la Madre Terra che, come un cerchio di unità, ci abbraccia e ci dà vita.
Voglio però terminare questa intervista con una citazione dalla tua prefazione, per la quale ancora ti ringrazio, Paolo:
… a poco a poco il lettore comprenderà come questo romanzo (…) voglia parlare dell’unità globale di tutti noi nel profondo con la terra e gli esseri, tutti, che la abitano o l’hanno abitata nel tempo e nello spazio.