“150 Acri” di Melinda Moustakis (Blu Atlantide)

Un romanzo che s'interroga su cosa renda davvero una coppia due individui all'inizio estranei.

Marie è ancora una ragazzina imbrigliata nell’adolescenza, ma ha le idee chiare, quando raggiunge la sorella Shirley, sposata ad Anchorage, nell’Alaska del 1956, prima ancora che diventasse il quarantanovesimo stato degli USA. La fuga che non sembra una fuga, ma lo è, da un Texas arido e con la prospettiva di trovarsi incastrata in un matrimonio combinato da una donna che l’ha cresciuta ma non è sua nonna, anche se lei la chiama così. Lo sconfinato mondo blu e ghiacciato che impara a vedere la sorprende. E quando Lawrence, uno sconosciuto che le ha lanciato una serie di occhiate timorose e interessate, le mette in mano un biglietto con su scritto semplicemente ‘150 acri’, Marie decide di dargli una possibilità. Durante la loro prima uscita e prima ancora di essersi toccati o annusati o baciati, Lawrence le chiede di sposarlo, e Marie accetta. Entrambi hanno quello che vogliono: Marie l’emancipazione da un destino che non ha scelto, e Lawrence la possibilità di riscattarsi da un passato di miseria, con il sogno di una famiglia che metta radici e gli assicuri una sorta di immortalità legata alla terra che continuerà a esistere e a essere ereditata di padre in figlio.

Dopo una breve quanto complessa luna di miele, la convivenza si rivela complessa. Marie e Lawrence sono due perfetti estranei. Lui è rinchiuso nel suo mutismo, intento a non far trapelare le sue paure e il suo senso di inadeguatezza, non sa come trattare il corpo morbido della moglie, e Marie si sente in esilio in una terra che a un certo punto, contro le aspettative di Lawrence, desidera che le appartenga legalmente, per dare un senso alla sua permanenza in un bus che funge da casa. Se vivo qui, devo sapere che quello che costruisco mi appartiene, così dice al marito, che inizia a sentirsi sminuito dal desiderio della moglie. Le loro crepe non trovano punti di contatto. La gioventù dell’una cozza contro la caparbia introversione dell’altro, e raggiunge il suo culmine quando il loro primo bambino non sopravvive al parto, perché Lawrence non riteneva necessario andare in ospedale. Ci vorrà tempo, e cielo e vento che spazza via le stagioni, per far uscire Marie dalla depressione che la richiude come dentro un guscio di sale. La sua presenza che staziona a casa della sorella, che soffre in maniera aperta di non riuscire ad avere figli, per quanto ci provi.

Sullo sfondo una natura che mal sopporta l’opera brutalizzante dell’uomo, e i nativi americani che conoscono passi e trappole e animali sconosciuti a chi pretende di chiamare la terra in cui staziona come sua. Il contatto tra Marie e Lawrence è un continuo farsi male e tentativo di capirsi, spesso infruttuoso, presi entrambi a realizzare quella che credono la loro missione sulla Terra. La maternità di una bambina arrivata per seconda non sarà facile, lasciando Marie esausta e preda di feroci solitudini, mentre Lawrence decide che non basta essere sposati per non avere segreti.

Cosa rende una coppia tale, in fondo? La realtà di un tetto, di un letto, la capacità di non cercare e volere altro che quel corpo, quella vita, quella storia che si dipana silenziosa come un nastro chiaro, da lasciare dietro a chi verrà dopo, un segnale per tornare a casa, una luce accesa nella neve.

 

“Lawrence si siede a terra e incrocia le braccia. Lei si infila gli stivali e va verso il gabinetto esterno, col sole che sorge. Per quanto tempo l’aveva lasciata sola? E quella volta, vicino al lago? Erano segni o semplici sfide passeggere? Una volta Valera le aveva detto che un uomo senza terra non è nulla. E la terra non è nulla senz’acqua. Vuole assorbire tutto, ogni acro. Si ferma di colpo, le montagne svettano all’orizzonte, maestose, le cime spruzzate di neve rosa, e lei aveva visto la neve una volta sola in Texas, aveva nascosto l’erba sotto un lenzuolo di bianco. Per un attimo ci crede, neve rosa, ma poi il colore si stempera tra le nuvole basse, scompare – uno scherzo della luce”.

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Marilena Votta

Marilena Votta nasce a Napoli e trascorre la sua infanzia e adolescenza in un luogo fatto di sole accecante e ombre altrettanto tenaci. Ha pubblicato le raccolte di racconti Equilibri sospesi, La ragazza di miele e altre storie (Progetto Cultura, 2016) e Diastema (Ensemble, 2020), e la raccolta di poesie Estate (Progetto Cultura, 2019). Il suo racconto “Fratello maggiore fratello minore” è stato pubblicato nell’antologia “Roma-Tuscolana”. Alcuni suoi racconti sono disponibili su varie riviste on line e cartacee. Nell’ottobre 2021 pubblica il suo primo romanzo, Stati di desiderio, con D editore. Del suo rapporto con la scrittura asserisce, convinta, che è il suo posto nel mondo. Scrive recensioni di libri che ama per "Dentro la lampada", la rivista della scuola Genius.

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