“Mangime in compresse per pesci tropicali” di Alice Sivo (Racconti)

I racconti della raccolta sono legati da un senso di leggera asfissia, una forma di densità vischiosa in cui i protagonisti si dibattono, a fatica, aguzzini e puniti al tempo stesso per le scelte che fanno.

Protagonisti che vanno avanti per sottrazione, in levare, tutti e tutte avvolti dalle loro idiosincrasie, mancanze, perdite e disagi esistenziali. Sono tutti incredibilmente vitali, anche i pesci rossi e la lampadina, e il buco di cartongesso che nasce e muore per mano dello stesso umano. Gli oggetti, insieme agli umani, possiedono una voce originale, che va oltre l’essere semplicemente cose a servizio di chi le possiede, anzi nell’ottica di chi scrive non c’è davvero distinzione tra chi osserva e chi è osservato, tra chi è dotato di autonomia e chi resta immobile a lasciare che gli eventi gli caschino addosso come pioggia estiva, inarrestabile. Assistiamo alla confessione di un ristoratore che ama preparare cibo, e ci mette cura e amore e non riesce a non lasciare caccole dentro gli impasti del pane o nella perfetta affumicatura delle scamorze, considerando anche quello un gesto estremo di considerazione per i suoi ospiti, un minuscolo, quanto schifoso, pezzo di sé che resta nel cibo, quale simbolo della sua dedizione.

Un’attrice che vuole esordire alla regia, ma non ha nessuna idea da dove partire, e improvvisa ruoli di aspirante barbona o lesbica in erba, baciando la commessa di un negozio in camerino, cercando di non pagare gli articoli che ha preso, e poi vediamo lo stesso evento raccontato dalla commessa, bella e bionda, etero ma eccitata dal bacio, che ricambia con uno slancio sorprendente.

Ogni racconto è legato agli altri da un filo viola di leggera asfissia, una forma di densità vischiosa in cui i protagonisti si dibattono, a fatica, aguzzini e puniti al tempo stesso per le scelte che fanno e che li portano in un luogo diverso da quello che immaginavano. Una ragazza scrive una lettera stordita a un’amica che non sente più da anni, in cui le racconta, mescolando eventi accaduti e cose di là da venire, e che poi accadono, e questa lettera, come il messaggio di un naufrago, viene trovata dal compagno, ormai lasciato improvvisamente con la loro figlia di 3 anni, a seguito del suicidio dell’ex di lei. Cosa gli resta se non rimuginare sull’odore della carta, sul senso confuso di quelle parole logore ma reali, mentre si aggrappa all’odore dell’amata e si pulisce la pelle con lo struccante di lei? Aspettare che succeda altro, un evento liberatorio che lo traghetti oltre il presente faticoso e poco appagante.

Ed è così che procedono i protagonisti, presi dalle loro tragedie, anche i bambini, rassicurati dal loro essere bambini, e perciò ancora lontani dalle decisioni degli adulti: Mela, Mirco e Giuseppe si muovono nel cerchio magico di protezione, anche difettoso e fragile, costruito dai loro genitori, ma poi Mirco, con un’inventiva degna del miglior aspirante imprenditore, decide di svaligiare la casa del compagno della madre e di dare gli oggetti rubati a un ricettatore. In realtà il furto senza scasso lo ha deciso per purgare la casa dagli oggetti della ex del compagno della madre, liberazione dall’infestazione emotiva di una famiglia sfasciata, quando lui ne desidera disperatamente una nuova.

Tutti esuli nella loro stessa vita, alla deriva, dove i pesci sono l’emblema di un mondo sul quale risulta premuto il tasto “pausa”, e che restano a fissare, boccheggianti, stupefatti, gli eventi che, attraverso il vetro, sono ammantati di una certa trasparenza languida. In attesa.

 

“Ogni tanto vorrei avere la polverina magica di anguria e vorrei spargerla tutta su mia mamma e mio papà per farli tornare insieme. Poi penso che mia mamma si arrabbierebbe perché le è finita tutta in bocca tipo i coriandoli il carnevale scorso e mio papà direbbe che gli fa venire in mente la scena di un film che sa solo lui ma di cui non ricorda neanche il titolo”.

 

 

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Marilena Votta

Marilena Votta nasce a Napoli e trascorre la sua infanzia e adolescenza in un luogo fatto di sole accecante e ombre altrettanto tenaci. Ha pubblicato le raccolte di racconti Equilibri sospesi, La ragazza di miele e altre storie (Progetto Cultura, 2016) e Diastema (Ensemble, 2020), e la raccolta di poesie Estate (Progetto Cultura, 2019). Il suo racconto “Fratello maggiore fratello minore” è stato pubblicato nell’antologia “Roma-Tuscolana”. Alcuni suoi racconti sono disponibili su varie riviste on line e cartacee. Nell’ottobre 2021 pubblica il suo primo romanzo, Stati di desiderio, con D editore. Del suo rapporto con la scrittura asserisce, convinta, che è il suo posto nel mondo. Scrive recensioni di libri che ama per "Dentro la lampada", la rivista della scuola Genius.

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