In un webinar sulla scrittura e i 5 sensi, abbiamo lanciato una piccola sfida ai partecipanti: per ogni senso abbiamo proposto un esercizio. La partecipazione è stata altissima, tanto che abbiamo deciso di pubblicare i racconti più riusciti.
Proseguiamo con l’olfatto, con questo esercizio: Siediti sul divano di casa e chiudi gli occhi. Prova a evocare gli odori dei tuoi ricordi. Prova a ricordarne diversi, in sequenza, senza pensare ma cercando solo di rievocare le situazioni e percepirne la cornice olfattiva.
La ricerca della casa al mare da affittare per le vacanze estive cominciava con il fiutare l’afrore sprigionato dai corpi accalcati nei vagoni del trenino per Ostia. All’apertura delle porte, durante le soste che si susseguivano durante il tragitto, aspiravo l’aria fresca che entrava. Mi sembrava profumasse già di quel mare agognato dall’inverno, facendomi dimenticare, momentaneamente, la puzza di sudore che man mano, a ogni fermata, aumentava. L’odore delle case visitate era spesso simile. In alcune prevaleva un tanfo di stantio, un olezzo amaro di fumo, in altre una puzza penetrante di muffa, un fetore di urina mista a salsedine investiva immediatamente le narici del visitatore. Solo una volta nell’appartamento si percepiva un unico odore. Era quello della varichina. Il proprietario, per fare bella figura, aveva ecceduto nella quantità e, forse, lesinato sulla qualità. Quell’odore penetrante di cloro era insopportabile. Chiesi se era possibile aprire la portafinestra che dava su un piccolo giardino. Appollaiato su un muretto, c’era un gatto. Sonnacchioso, osservava incuriosito. Dissi al proprietario che la casa mi piaceva, l’avrei affittata a patto che quella puzza di varichina fosse stata eliminata prima possibile. Quello balbettò qualcosa, in effetti, era troppo pungente anche per lui, altri prima di me, mi disse, si erano lamentati , questo era il motivo, secondo lui, per cui la casa era ancora sfitta. Rientrati in casa, ci accorgemmo che all’olezzo di varichina se ne era aggiunto un altro, più acre. Su una parete della camera da pranzo, c’era, in basso, una grande macchia gialla. Era urina. Il proprietario imprecò. Guardai dalla portafinestra. Il gatto era sparito. Non ci misi molto a capire cosa fosse successo. Avevo avuto un gatto. Ogni volta che annusava il pavimento appena lavato con la varichina, come percependo l’odore di un altro animale, anche se inesistente, sentiva la necessità di marcare, di nuovo, quel territorio che temeva di perdere con grandi schizzi della sua urina, aspra e pungente.