Il forno di pietra

Un compleanno, il pane fatto in casa, l'odore di cenere dal forno: torniamo nella casa dei nonni, un luogo senza tempo.

In un webinar sulla scrittura e i 5 sensi, abbiamo lanciato una piccola sfida ai partecipanti: per ogni senso abbiamo proposto un esercizio. La partecipazione è stata altissima, tanto che abbiamo deciso di pubblicare i racconti più riusciti.
Proseguiamo con il tatto, con questo esercizio: scrivi una scena in cui un personaggio sta svolgendo un’attività che richiede precisione tattile, come l’assemblaggio di un modellino di veliero o l’intreccio di un cesto di vimini.

 

(Filtra una luce calda dal finestrone antico che illumina metà della vecchia spianatoia in legno, già predisposta da Marianna sul tavolo in marmo della vecchia casa di campagna dei nonni.
Erano anni che non tornava lì e il compleanno del fratello si era presentato come l’occasione migliore per riunire la famiglia in quel luogo intriso di ricordi.
Lei era arrivata con la sua bambina la sera prima e tutto in quella casa la riportava indietro nel tempo, era proprio questo che aveva desiderato per quanto doloroso sarebbe stato avvertirne le assenze. Era ora di mettersi a lavoro)…

Sulla grande tavola di legno distribuiva la farina di grano duro, formando una montagna, alla quale cambiava subito forma scorrendo con abili e antichi movimenti semicircolari della mano rigida, formando così un anello largo e alto con le pareti interne scoscese verso il centro. Seguendone il perimetro, cospargeva del sale sulla parte più alta, sfregando rapidamente le punte delle dita tra loro per separarne i granelli. Al centro, invece, dopo aver immerso un dito nel tegamino con l’acqua appena scaldata per testarne la temperatura, iniziava a sbriciolare un pezzetto di lievito di birra fresco, in modo da facilitarne lo scioglimento una volta a contatto con l’acqua tiepida, che versava lentamente. Sfregando i polpastrelli nella piccola conca, creava così il composto di acqua e lievito, cui aggiungeva un cucchiaino di zucchero e al quale versava, a filo, l’olio extra vergine d’oliva proveniente dall’uliveto attorno alla casa. Con movimenti dolci ma sempre più rapidi iniziava a inglobare al composto liquido la farina alla base della conca e andava ad ampliare, sempre più, i movimenti delle mani per assorbire più farina e ingrandire l’impasto, che manteneva morbido aggiungendo, di tanto in tanto, acqua tiepida. Non c’era volta in cui non sperasse, invano, in un aiutante che le evitasse il fastidio di appiccicare/incollare,
nella presa, l’impasto umido al manico del pentolino.
Una volta incorporata tutta la farina, eseguendo dei movimenti ripetitivi e continui che impegnavano ora l’intera mano, compresi i polsi, il composto al tatto risultava morbido ma ruvido ed era in quel momento che, intensificandone l’intensità e il ritmo, quei movimenti di mano e polso rendevano l’impasto liscio, quasi di seta.
Sotto un grande contenitore riponeva al sicuro l’impasto per lasciarlo lievitare mentre la cucina rustica veniva invasa da quel profumo di cenere proveniente dal forno di pietra che riportava indietro nel tempo.

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