L’illusione di un attimo

Un incidente ha reso Fausto un pezzo di legno. Antonella promette che un siero del colore del mare gli consentirà di nuotare ancora.

L’eccitazione della sfida, il salto dalla rupe, per un tuffo dove l’acqua è più blu, come dice la canzone, senza pensare che la spuma potesse nascondere gli scogli. Poi il buio e la diagnosi di lesione midollare cervicale. Nell’abisso sono affogati i suoi progetti per il futuro e il suo fisico di nuotatore.

Ha superato la fase critica. Da tre mesi è ricoverato in riabilitazione neurologica, ma Fausto avrebbe preferito morire, lasciando il ricordo di un ragazzo incosciente, invece di vivere la condanna a una eternità di totale dipendenza dagli altri.

Le giornate trascorrono tutte uguali, tra visite mediche, fisioterapia, poche chiacchiere con chi viene a trovarlo. Dei ricordi condivisi resta solo quella cazzata di un attimo. E lui non ne vuole parlare.

Solo Antonella, che fa volontariato in clinica, riesce a scuoterlo. È bella, nel fisico e nei modi, ma Fausto si limita a definirla carina. Ora che è solo un pezzo di legno ha annullato qualsiasi pensiero che possa riaccendere il desiderio.

All’inizio non è andata bene fra loro.

“Fausto, non ho il diploma, ma tutti mi dicono che sono breva a fare massaggi e frizioni. Gli unguenti li preparo da sola, ho trovato un vecchio libro in erboristeria. Vorrei provare con te”.

La risposta di Fausto è stata immediata:

“Vattene, non farti più vedere”.

Ma quando la porta si è chiusa, ha cominciato a piangere. La sola ipotesi delle mani di Antonella sul suo corpo ha riportato a galla tutto il dolore di essere solo un pezzo di legno. Un tempo le carezze di una ragazza promettevano l’inizio di una nuova storia; questa realtà, invece, non prevede favole da raccontare.

Poi, però, l’ha aspettata per una settimana.

Quando è tornata, gli è sembrato che, con il suo sorriso, magicamente entrasse in stanza anche il sole. Si è tinta di azzurro i capelli. Colore degli occhi, colore del mare. Un dettaglio che resta sospeso nella sua mente.

“Fausto, ti scopro un po’ le gambe e poi le ricopro. Faccio così pure per le braccia e il torace. Devi stare tranquillo. Lo scoglio della vergogna lo superiamo insieme”.

Il suo profumo deve avere un potere occulto, perché Fausto chiude gli occhi, cerca di non pensare e si lascia massaggiare.

“Quando spalmo l’unguento, io seguo lo schema del tuo corpo. È importante per riattivare la circolazione e recuperare anche la parte muscolare”.

Antonella, però, cerca il punto di contatto vero con Fausto. Vuole andare oltre la corteccia che è una corazza, arrivare lì, dove lui ha rinchiuso la voglia di vivere.

“Perché lo fai? Hai la sindrome della crocerossina?”

“Forse, sai, curo anche i gatti”.

Ma non è così semplice. Ha iniziato a voler bene a quel ragazzo dalla disperazione assoluta e al suo corpo che sta perdendo i contorni un tempo perfetti. Per quel bene, per riportarlo alla vita, sarebbe disposta a osare di più, prima che sia tardi.

“Senti niente qui?”

Una carezza sul polpaccio, poi sulla coscia, poi sulle dita delle mani. Con un tocco veloce, prova a sfiorargli anche l’angolo dell’inguine, sperando finalmente in una sua reazione.

Fausto, però, non le risponde, deciso a ignorare qualsiasi stimolo possa arrivargli.

Lei non si perde d’animo e chiacchiera d’altro.

“Fausto, certo che non ti accorgi proprio di nulla. Guardami. Sto andando in scena con la recita di Pinocchio”.

“È vero, l’avevi detto. Fata Turchina, non avresti allora un incantesimo, una pozione per me?”

Fausto non deve pensarci a quanto è bella, gli fa troppo male.

Il momento, però, sembra perfetto. Antonella gli mostra una piccola ampolla.

“Ieri ho provato a preparare un nuovo siero”.

È un estratto di funghi, erbe, fiori australiani e spezie.

“Cos’è, un altro dei tuoi unguenti?”

“Secondo il mio libro, potrebbe aiutare a sentire la vita scorrere nelle vene”.

Fausto aspetta, ma lei ci ripensa e lo mette via.

“Perché l’hai portato, se non lo usi?”

“Lasciamo perdere, non l’ho mai provato prima. Domani ti porto qualche foto dello spettacolo”.

“Ciao, Fata Turchina. Ricordati che anche qui c’è un Pinocchio che aspetta di tornare ragazzo”.

Fausto trascorre la notte insonne. Se chiude gli occhi rivede il tuffo, sente il tonfo e si perde nell’abisso che lo ha catturato.

Pensa allora al siero di Antonella.

Cerca di ragionare: non ci riescono le medicine e la riabilitazione, figuriamoci un impiastro casalingo di ingredienti senza nome.

E se invece funzionasse?

È inquieto. Quando arriva Antonella, guardano le fotografie. Mastro Geppetto e il pezzo di legno. Il burattino impiccato. Il burattino con la Fata Turchina. Poi la Fata Turchina con il bambino vestito come il burattino.

Si fa coraggio e dice:

“Antonella, io ci voglio provare. L’hai portato, vero?”

“E se non andasse bene?”

“Ci sono abituato. Ma, almeno, avrai provato a guarirmi, proprio come la Fata Turchina”.

Mentre Antonella tira fuori l’ampolla dalla borsa, un raggio di sole la colpisce. Il siero ha il colore del mare, quando nella magia del tramonto brilluccica di riflessi argentati.

Osserva Antonella con attenzione, mentre versa il contenuto e comincia ad accarezzargli il corpo, lentamente, dalla periferia verso il centro.

Andare oltre la corteccia, osare per raggiungere il centro vitale. Antonella ora versa il siero tra le labbra di Fausto. Il sapore è dolce e salato insieme, vagamente gli ricorda l’acqua del mare.

Fausto si lecca le labbra ancora e ancora, alla ricerca, fra tante, della stilla che racchiuda la possibilità di farcela.

Lo sorprende, improvviso, un calore nuovo che, dalla punta dei piedi, risale lungo il suo corpo. Lentamente, diventa sempre più intenso.

Un fuoco che divampa, che brucia i contorni della stanza, brucia il suo cervello, brucia la corteccia del pezzo di legno. Le fiamme sono alte, sono un mostro che spalanca le fauci per divorarlo.

La paura di non poter fuggire, di morire, assale Fausto.

Convulsamente, gira la testa a destra, poi a sinistra, cerca aiuto, sente la sua voce urlare il nome di Antonella. Lei lo sta guardando con i suoi occhi colore del mare.

“Devi attraversarli, se vuoi recuperare ciò che hai perduto”.

Fausto è in piedi, sul bordo dell’iride azzurra. Se vuole salvarsi non deve pensare agli scogli e lanciarsi nel baratro della pupilla.

Flette le gambe, poi le distende nello slancio. Incurva e poi distende anche il busto, le braccia sono tese e le mani sovrapposte. È un tuffo perfetto. Sente il freddo dell’acqua, il rumore del suo attraversarla, sente i muscoli che rispondono ai suoi comandi. Non è più un pezzo di legno e muove gli arti per frenare la discesa verso il blu più profondo.

Apre gli occhi, chiama ancora Antonella. La vede, non è distante da lui.

“Sei qui”, le dice, lasciando risuonare dentro di sé l’emozione finora rifiutata.

“Sono qui”, gli risponde lei, allargando e chiudendo le braccia, nella simulazione di un abbraccio.

Nuotano insieme, sembra quasi che danzino. La brillantezza della superficie appare lontana, ma non gli importa di raggiungerla, ora che sente di nuovo la vita scorrere nelle sue vene.

Fausto si avvicina ad Antonella, la stringe forte, la bacia. Esplode al tocco delle carezze prima ignorate.

Il pezzo di legno è tornato a essere un ragazzo.

Poco importa se il tempo dell’effetto del siero della Fata Turchina è solo l’illusione di un attimo.

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Ester Arena

Medico legale, vive a Roma. Abituata a cercare e osservare i dettagli patologici, scrive raccontando la vita e l’animo umano, dopo averne sezionato ed esaminato gli angoli bui. Ha pubblicato racconti su magazine letterari e su antologie, il romanzo “Il piano cartesiano dell’amore” (Il seme bianco, 2018) e la raccolta di racconti “Ground Zero” (Ensemble, 2022)

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