La piscina

Lo sguardo si allarga e il senso di abbandono ti assale.

In un recente webinar sulla scrittura e i 5 sensi, abbiamo lanciato una piccola sfida ai partecipanti: per ogni senso abbiamo proposto un esercizio. La partecipazione è stata altissima, tanto che abbiamo deciso di pubblicare i racconti più riusciti.
Cominciamo con la vista, con questo esercizio:
Scrivi una scena in cui il personaggio si trova in un luogo abbandonato, come una vecchia fabbrica o una casa deserta. Rappresenta visivamente il senso di decadenza e abbandono.

 

La luce, che entra dai finestroni rotti di quello che un tempo era stata la copertura a vetri della grande piscina sottostante, illumina ciò che resta della vasca olimpionica. Il celeste mare delle mattonelle che ancora delineano il perimetro della vasca cattura l’occhio di chi guarda, escludendo per un attimo tutto il resto. Ma quel resto poi ti salta addosso prepotentemente e lo sguardo si allarga e il senso di abbandono ti assale. Pezzi di intonaco calano dalle travi, come lenzuola lise stese ad asciugare sotto quel rettangolo di cielo che si affaccia strafottente, da ciò che resta del tetto. Calcinacci, pezzi di cemento e lastre di vetro si confondono con la monnezza. Cassette di plastica nere, matasse di fili elettrici, cessi e lavandini galleggiano in quel mare di detriti e polvere. I blocchi di cemento, protagonisti di tante partenze, sono rovesciati sul pavimento, come tartarughe sul proprio dorso. Incapaci di ritornare alla vita. Le porte a vetri degli spogliatoi, ridotte a scheletri senza più copertura, spalancate su cunicoli bui. Di fianco panchine arrugginite, sotto attaccapanni schiodati e lasciati penzolanti. Sulle pareti scrostate, scritte di chi si nutre di violenza e rabbia attirano lo sguardo. Inneggiano alla vita e alla morte. Risuscitano fantasmi di un passato che neanche conoscono e marchiano un territorio che li vuole sconfitti. E ancora intonaco e mattoni e cocchi e polvere e legni anneriti, residui di fuochi improvvisati occupano il pavimento nudo, freddo, senza più copertura. Lingue di muffa nera scendono dal soffitto nei quattro angoli del perimetro, bagnanti da rivoli d’acqua che si insinua tra le crepe del muro, gonfio di umidità. Buttato in un angolo, sul cemento, là dove la luce del sole arriva dritta senza ostacoli, illuminato in tutto il suo squallore c’è un materasso sudicio, annerito e lacerato.

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