La porta, Magda Szabò

La protagonista di questo romanzo è una fool: personaggio archetipico che rompe gli schemi sociali per mostrare a chi lo guarda qualcosa delle sue stesse bassezze.

Ci sono due cose da dire su La porta di Magda Szabò. Anzi, tre.

La prima è che, per dirla con le parole della persona che me ne ha fatto dono, “c’è un prima e un dopo la lettura di questo libro”. E non posso che confermare. Ogni pagina è un universo di frustrazione, rabbia, amore, commozione che cambia lo sguardo di chi legge. E l’autrice riesce in questa magia utilizzando solamente le parole. E non parole qualsiasi, questa è una cosa su cui noi tutor dei percorsi di scrittura creativa battiamo tantissimo: sono parole concrete, che per far provare emozione raccontano fatti, crudi, senza retorica né enfasi. E questo è quello che volevo evidenziare,  appunto, come seconda cosa.

La terza cosa da dire riguarda il punto di vista da cui si guarda a una storia: ne La porta, la voce narrante non coincide con la protagonista, è colei che testimonia la formidabile vita di Emerenc, un’anziana signora che potremmo identificare come una fool: personaggio archetipico, potente, che genera una rottura nel consueto modo di comportarsi e rivendica una totale libertà di agire e comunicare al di fuori degli schemi sociali. Fool è, per esempio, il giullare alla corte di re Lear nell’omonima tragedia shakespeariana, colui che, attraverso scherzi e indovinelli, porta il re ad assumere consapevolezza della propria bassezza morale, che lo condurrà alla rovina. Un personaggio considerato “normale” sarebbe stato invece decapitato a metà della prima frase contro il sovrano. Fool è il clown, che accompagna chi lo guarda attraverso una complessissima gamma di emozioni che gli parla delle sue stesse sventure e piccolezze, rese sopportabili dal fatto che chi gliele mostra indossa abiti colorati e assume un atteggiamento scanzonato nei confronti dei peggiori incidenti.

Fool è Emerenc, la vera protagonista de La porta, che può permettersi di confessare di aver aiutato un’amica a togliersi la vita senza provare a fermarla, dandole piuttosto dei suggerimenti per non soffrire e non lasciare nulla in sospeso, e lo racconta continuando serenamente a sgranare piselli e preparare ciliegie sciroppate e, in queste occupazioni, a portare avanti la vita, avere cura di ciò che potrà ancora dare gioia ai vivi e magari riunirli intorno a un tavolo.

Le pagine che vi propongo sono proprio quelle in cui spiega i motivi per cui non ha interferito con questa decisione.

Buona Lettura!

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Sabrina Silvestri

Docente della scuola Genius, è esperta di medicina narrativa; gioca con le storie e le parole in ogni ambito professionale, da quello editoriale - dopo il Master in Mestieri della scrittura ha continuato a collaborare come consulente per Bompiani, che l'aveva selezionata per il tirocinio formativo - a quello artistico. Lavora come clown socio-sanitario. Ha pubblicato racconti per la rivista letteraria "Mosse di seppia".

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