SINOSSI: Sul corpo mutilato di un boscaiolo viene trovato un indizio che collegherà il caso all’omicidio del figlio di un noto chirurgo plastico, avvenuto mesi prima. Le indagini dei due ispettori Lee Gold ed Emma Risi porteranno alla scoperta di segreti inquietanti che le montagne di Val Peron hanno custodito per decenni.
Il sole scendeva verso l’orizzonte, nascondendosi tra le vette delle montagne ma Franco non riusciva più a vederlo. La boscaglia nascondeva una sagoma dai contorni confusi che lo colpiva e colpiva ancora, facendolo ogni volta stramazzare sui muschi bagnati.
Franco Tullop aveva provato a difendersi ma l’unica cosa che percepiva adesso era l’odore acre della terra che gli si infilava negli occhi, nelle narici e il sapore ferroso del sangue in bocca.
I suoni intorno erano ovattati, tranne il rumore sordo che quella cosa faceva ogni volta che lo colpiva. Un tonfo che gli penetrava nei timpani sino a rimbombargli nel cervello, mischiandosi al suo respiro affannoso.
L’aria che lo accarezzava era tagliente. La percepiva sulla pelle scoperta e sentiva l’umidità del tramonto che gli si appiccicava addosso. Era stato spogliato della giacca e della camicia a scacchi e, a parte i pantaloni che ancora indossava, era nudo.
Un insetto lungo e marrone gli camminò spedito sulle spalle. Franco provò una sensazione di formicolio, interrotta dopo pochi istanti da un nuovo tonfo. Un’ultima bastonata alla schiena gli fece sputare saliva e sangue sulle scarpe della sagoma.
L’uomo si era ormai rassegnato e abbandonato all’idea della morte. Giaceva inerme, sopraffatto dallo sgomento. Il suo corpo scomposto sprofondava nella fanghiglia che man mano lo inghiottiva.
Quella persona l’aveva sorpreso alle spalle mentre tagliava un piccolo albero rinsecchito. Ecco perché non l’aveva sentito arrivare. Ma chi era e perché voleva ucciderlo?
Sentì distintamente i passi dell’uomo che si allontanavano. Cercò di guardare chi fosse ma i suoi occhi verdi, tumefatti, non vedevano più nulla. Per un attimo sperò che se ne fosse andato.
Svenne e quando si riprese non aveva idea del tempo trascorso. Forse solo pochi minuti dal momento che c’era ancora luce.
Avvertì in lontananza quel rumore di sbriciolamento che le foglie secche emettono quando vengono calpestate. Un suono ritmico scandito dall’avanzare di passi regolari. Fu colto da un fremito che lo fece riemergere da quel torpore che precede la sensazione di svenimento.
“Aiuto!”, cercò di urlare sollevando la testa. Ma dalla sua bocca non uscì altro che un rantolo unito a un filo di bava sanguinolenta.
Sentì il rumore della sua motosega che si avviava. Le narici si riempirono di un odore di benzina e di olio. Gli venne da tossire.
Quell’uomo era ancora lì.
Provò invano a supplicare senza nemmeno sapere per cosa stesse implorando. Quell’essere intanto si avvicinava sempre di più, fino a sussurrargli qualcosa all’orecchio. Era così vicino da sentire la sua saliva calda gocciolargli addosso mentre con la mano gli spingeva la testa facendola affondare nel fango.
Avvertì un senso di disgusto, di repulsione e nonostante il ronzio della motosega sempre più vicino, Franco ora l’aveva riconosciuto. Avrebbe voluto trovare la forza per alzarsi perché non poteva credere a ciò che stava accadendo. Si stava perdendo tra emozioni, ricordi e pensieri che oramai non gli appartenevano più. Le sue viscere erano tanto aggrovigliate che non percepiva più alcun dolore.
L’ultima cosa che riuscì a fare fu guardare verso l’alto con l’unico spiraglio che gli occhi gonfi ancora gli lasciavano.
Ma l’immagine che vide fu solo il luccichio della lama rotante che si abbassava verso la sua gola.