Il Capitano Emilio Lussu

L’incontro del Capitano Emiliano Lussu con un ragazzo all’interno di un ospedale.

Quando il ragazzo entrò nella stanza d’ospedale trovò un anziano signore seduto presso il letto dove giaceva suo zio Michele.

Vieni, vieni, disse lo zio, il volto pallido affossato nel cuscino, ti presento il Capitano Emilio Lussu, mio compagno d’armi e di avventure.

Il ragazzo tese la mano e inchinò lievemente il capo, come si fa con le persone di riguardo. Aveva sentito tante volte parlare di lui e adesso se lo trovava davanti in carne ed ossa. A prima vista sembrava un uomo come tanti, ma dietro agli occhiali brillavano un paio di occhi neri da ragazzo impavido. Era venuto apposta da Sassari per visitare il suo caro Michele, gravemente ammalato. I due vecchi amici ripresero a parlare, rivangando i ricordi di guerra, la malvagità dei generali, l’eroismo dei fanti e gli amici morti, e poi il fascismo, l’esilio, il carcere. Il ragazzo, seduto su uno sgabello, ascoltava rapito quel racconto a due voci.

Lussu si rivelò un narratore meraviglioso, e lo zio Michele lo incalzava: “Emì, raccontagli di quella volta del fascista a Cagliari così si fa un’idea di quello che abbiamo passato”. E Lussu: “Avevo iniziato a lavorare nel mio studio legale in piazza Martiri al primo piano e una banda di delinquenti fascisti tentavano di assalirmi gridando ‘morte a Lussu’. Allora mi sono affacciato al balcone e ho detto: poi mi farete a pezzi, ma il primo che tenta di salire lo faccio secco, uno ci ha provato e gli ho sparato in bocca. Gli altri sono fuggiti tutti e stanno ancora correndo. Al processo mi hanno assolto, ma il regime mi ha spedito in esilio a Lipari, da dove però sono fuggito con Nitti e Carlo Rosselli, un’operazione fantastica organizzata da Ferruccio Parri, fu un duro colpo al fascismo che si credeva invincibile”. Il motoscafo velocissimo che avrebbe dovuto prelevarli arrivò in ritardo, i fuggitivi rimasero a lungo nell’acqua gelida, a lui era venuta una polmonite, divenuta poi tisi, si era poi dovuto operare d’urgenza.

La suora si affacciò sulla porta, l’orario di visite era finito.

Il ragazzo vide lo zio sollevarsi a fatica dal letto per abbracciare l’amico, sapevano entrambi che non si sarebbero rivisti.

Il ragazzo, mentre accompagnava Lussu all’uscita, prese coraggio e chiese: “Verrebbe a fare una conferenza all’Università?” Gli occhi neri scintillarono dietro le lenti. “Vengo volentieri, mi interessa molto incontrare i giovani sardi…” Poi sospirò:

“Ne ho passate tante che mi sembra di avere vissuto per cinquecento anni… sicuri di voler ascoltare ancora queste vecchie storie?” Il ragazzo lo fissò negli occhi: “Sarebbe un onore per noi, signore, la aspettiamo domattina in aula magna”.

“A domani, allora”, rispose Lussu, con un sorriso negli occhi, poi si avviò lentamente all’uscita, verso la strada inondata di sole.

Bibliografia:

Emilio Lussu, Un anno sull’altipiano, Einaudi.

Emilio Lussu, Lettere a Carlo Rosselli e altri scritti di Giustizia e libertà, Libreria Dessì Editrice.

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