Dal mio Ufficio, mi dirigo verso il centro storico, con Maurizio al seguito. «Ma non dovremmo andare in questura?» mi chiede dubbioso. Vive in questa città da quasi trent’anni, e ancora non ha imparato come funzionano certe cose da noi. Forse, prima d’ora, non aveva mai messo piede a Bari vecchia, credendola popolata di borseggiatori e scippatori ansiosi di incontrare forestieri. Quindi non sa che quando a Bari ti rubano la moto, non vai in questura, ma vai a comprare le orecchiette.
La strenua resistenza che oppone a varcare l’Arco Alto, si sgretola contro la mia determinazione. Così mi segue, timoroso e rassegnato. I vicoli, stretti e popolosi, pavimentati con le caratteristiche chianche, brulicano di ragazzini scalzi, con le ginocchia sbucciate e il moccio che gli cola dal naso sulla faccia sporca. Si rincorrono giocando, urlandosi insulti in dialetto, variopinti e gioiosi, come in un quadro. La loro spensieratezza mi rasserena. Maurizio, invece, li guarda tra il sorpreso e lo schifato, le sopracciglia aggrottate che spuntano dagli occhiali rotondi.
Nell’aria, un odore di ragù di brasciole: evidentemente qualche donna di casa si è alzata all’alba stamane, ha preparato gli involtini di carne di cavallo con prezzemolo e formaggio chiudendoli a uno a uno con lo stuzzicadenti, poi li ha messi a soffriggere nell’olio e cipolla e li ha tirati col vino; infine ci ha aggiunto la salsa di pomodoro fatta in casa e, dopo ore e ore di cottura, ha ottenuto un sugo stretto stretto, da sposare assolutamente con le orecchiette.
Una signora, che sta lavando la porzione di vicolo davanti a casa sua, per poco non ci investe con una secchiata di acqua e varechina. «Ciao, dottoré!» esclama rivolgendosi a me. «Ciao, Sisina. Sto andando da Marietta, che mio cuggino» dico indicando Maurizio «vuole due orecchiette. Ci vediamo dopo».
«Ma da quand’è che siamo cugini?» mi chiede lui in un sussurro, guardandosi intorno con circospezione, la mano destra in tasca a proteggere il portafoglio. «Zitto. Tu sei mio cugino e vivi a Sondrio. E non discutere!» lo redarguisco spazientita. Finalmente raggiungiamo Marietta. È seduta nel vicolo, accanto alla porta di casa, davanti a un tavolaccio, con i capelli grigi stretti in una coda, poi attorcigliata su sé stessa e fermata sulla nuca con le forcine, a formare il tipico tuppo. Indossa un grembiule bianco su gonna e maglia grigie, entrambe di taglia extra extra large per contenere la considerevole mole del pittoresco personaggio. Le mani grassocce si muovono con perizia e velocità: dai lunghi cilindri di massa di semola stesi sulla tavola, tagliano un pezzettino per volta con il coltello e, in un unico movimento armonico, lo strascinano sul piano fino a formare un’orecchietta (detta perciò strasc’nat), per poi lanciarla nella vicina cassetta col fondo a rete che serve per essiccare la pasta. «Uè, dottorè! Che vuoi le strascinate?» mi chiede sforzandosi di parlare in italiano. «E questo bel giovanotto, chi è?» domanda curiosa.
«È mio cugino Maurizio, di Sondrio… Del nord» aggiungo per risolvere la perplessità che compare sul volto di Marietta quando sente la parola Sondrio. «Stasera parte, e si vuole portare due orecchiette, per farle con le cime di rapa, che gli ho scritto la ricetta. Se ne torna in aereo. Infatti è venuto a trovarmi in ufficio con il motorino di un amico. Anzi!» esclamo facendomi frettolosa mentre guardo l’orologio, «mo proprio dobbiamo tornare a Piazza Massari a riprenderlo, che glielo deve riportare all’amico entro mezzogiorno».
Marietta si fa attenta. Maurizio prova ad aprire bocca, sicuramente per aggiungere dettagli irrilevanti (o, peggio ancora, pericolose smentite) alla mia versione. Ma ogni sua emissione sonora viene stroncata sul nascere da una mia provvidenziale e discreta gomitata, sapientemente assestata in un punto strategico tra le sue costole, mentre mi affretto ad aggiungere: «E quello, Maurizio, ci tiene assai a non fare brutta figura col suo amico, che è stato tanto gentile da prestargli il motorino nuovo: uno Scarabeo fiammante! E io ci tengo assai a Maurizio. Proprio assai!».
«Colinoooo!» chiama la donna a gran voce volgendosi verso la porta di casa. Da dietro la tenda in pizzo san gallo, spunta un signore panciuto in pantaloncini e canottiera bianca, con baffi e capelli bianchi: «Ce uè?» chiede con voce arrochita dal fumo e dal sonno. I peli bianchi gli spuntano dalla canottiera insieme a una spessa catena d’oro e Maurizio, istintivamente, arretra di qualche passo fingendo interesse per i balconcini ornati di fiori che affacciano sul vicolo. Marietta, in dialetto strettissimo, riferisce al marito qualcosa che certamente Maurizio non capisce e che io fingo di non ascoltare. Poi, in un idioma più comprensibile, sottolinea che quel giovanotto è nientemeno che il cuggino della qui presente “dottoressa” Tiziana (quella della Banca e del prestito a Michelino), e che vuole portare le orecchiette a “Sandro”, su al nord. Colino riflette stropicciandosi gli occhi e, senza dire una parola, rientra in casa. Marietta, con calma, riempie di orecchiette una grossa busta di carta, di quelle che si usano per il pane. «Nà» dice posizionando il pacco tra le braccia di Maurizio «Due chili di strasc’nat: dieci euri».
«Ma come può dire che sono due chili! Mica le ha pesate!» mi fa lui a bassa voce. «Uè, uagliò! Io la bilancia la tengo qua!» dice Marietta un po’ risentita, battendosi la fronte con la mano. «Dope tand’anne!», intendendo “dopo tanti anni di onorato mestiere”. Poi ci congeda: «Buona giornata e buon viaggio. E salutami a Sandro!» urla a Maurizio mentre siamo già lontani.
«Vabbè» dice Maurizio con lo sguardo perso nel vuoto «e quindi? A parte coronare questa esperienza preparando le celeberrime orecchiette con le cime di rapa, ora che facciamo? Andiamo in questura?».
«Se pensi che possa servire, andiamoci!» rispondo sorniona. Rifacciamo la strada al contrario, questa volta passando per l’Arco Basso. Costeggiamo il Castello Svevo e ci ritroviamo in Piazza Massari, dove, nel punto in cui era parcheggiata la moto di Maurizio, ora campeggia, in tutta la sua lucentezza, proprio lo Scarabeo 50 di Maurizio. «Toh!» esclamo io indicandolo. «A quanto pare, ti eri sbagliato. Sei il solito distratto!».
Dopo una pausa di riflessione, il suo sguardo si accende: «Ah! Ho capito! Dovrai pagare un riscatto o restituire il favore, vero?».
«Ma no!» esclamo con una nota di indignazione. «Colino e Marietta ti hanno aiutato solo perché sei una brava persona. E non potevi certo sapere che il motorino va legato con catena e lucchetto! Sei straniero!».
Annuisce e si contempla la punta delle scarpe. «Questa città ha regole complesse, ma un’anima semplice», commenta guardandosi intorno come se la vedesse per la prima volta. «Ringrazia Colino e Marietta da parte mia. E digli che, se mai avranno bisogno di assistenza legale, io ci sarò», conclude salutandomi, già in sella allo scooter ritrovato.