A che serve l’autobiografia?

A che serve l’autobiografia? Ad agevolare il lavoro dei biografi.

A che serve l’autobiografia? Ad agevolare il lavoro dei biografi. A dargli delle dritte utili, ecco, vedi, devi puntare su questo o quello. Oppure, ma no, ti stai allontanando dal fuoco, attento, è lì che devi illuminare, proprio dove lui omette… andiamo, non ci vuole una volpe… Insomma, gli si possono dare spunti a bizzeffe ai futuri biografi, intavolarci un dialogo a distanza, un dialogo post mortem, ammesso e non concesso di averne, di biografi. Ecco a che serve l’autobiografia. Scherzo, l’autobiografia a che serve, beh, in senso strettamente artistico, serve a rendere più “vera” la finzione, nel senso che raccontando la propria vita, raccontando se stessi, si sarà precisi nel dettagli, affidabili, concreti… Tuttavia non bisogna adagiarsi troppo sul proprio vissuto, su quei dettagli, bisogna ricordarsi che stai scrivendo comunque un romanzo, che ha delle regole sue proprie per funzionare. Quindi una certa dose di fiction direi che è comunque necessaria pure in una struttura no fiction, per far quadrare i conti, per rendere avvincente ed emozionante la lettura. Per non annoiare il lettore.

Altra cosa è l’autofiction, che ha tradizionalmente delle regole più strette: lo scrittore nell’autofiction è il protagonista della sua narrazione, e si chiama come l’autore, di solito vive nella stessa città, nello stesso quartiere. Per autobiografismo si intende qualcosa di genericamente, vagamente, ispirato alla propria vita, alla propria esperienza.

E attenzione non è una differenza da poco. C’è, nelle due posizioni, un diverso atteggiamento rispetto alla tradizione romanzesca, una diversa “fede” nella forma-romanzo; l’autofiction sembra nascere dalle costole dell’antiromanzo – del Nouveau Roman – più che da quella del romanzo tradizionale di formazione, per dirla in una formula. Inoltre, l’autofiction nasce con un’impronta psicanalitica, come indagine sull’inconscio.    

Per esercizio, fate una breve prova di autofiction, scrivete un racconto in cui il protagonista si chiama come voi, abita nella vostra città, nel vostro quartiere… Insomma, siete voi a tutti gli effetti. Alla prossima.

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Andrea Carraro

Andrea Carraro, scrittore, nasce a Roma. Se avesse ricevuto un euro ogni volta che sui media hanno usato il termine “il branco” per parlare di uno stupro di gruppo, citando il titolo del suo romanzo più noto, oggi sarebbe ricco. Invece è “solo” uno scrittore tra i più bravi. Romanziere, autore di racconti e di poesie, nasce a Roma nel 1959. Ha pubblicato i romanzi: A denti stretti (Gremese, 1990), Il branco (Theoria, 1994), diventato un film di Marco Risi, L’erba cattiva (Giunti, 1996), La ragione del più forte (Feltrinelli, 1999), Non c’è più tempo (Rizzoli, 2002) (Premio Mondello), Il sorcio (Gaffi, 2007), Come fratelli (Melville, 2013), Sacrificio (Castelvecchi, 2017) e le poesie narrative Questioni private (Marco Saya, 2013). Ha pubblicato anche due raccolte di racconti, confluite nel volume Tutti i racconti (Melville, 2017). I suoi giudizi critici, sensibili ma affilati quando serve, lo rendono un lettore del cui parere fidarsi con tranquillità.

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