Una stanza tutta per sé

“Uno scrittore trova sempre il modo per scrivere, in qualunque situazione, in qualunque contesto!”

Secondo voi è davvero necessario avere una stanza tutta per sé dove scrivere? Oppure un vero scrittore deve essere in grado di scrivere dappertutto, anche al tavolino di un bar, o seduto su una panchina o appoggiato provvisoriamente da qualsiasi altra parte con penna e taccuino? Beh, certo, avere una stanza tutta per sé credo che sia la condizione ideale per scrivere: uno studio comodo e accogliente, come ho la fortuna di avere io oggi, dotato di una scrivania con computer e stampante, e magari anche di una comoda poltrona dove leggere, un luogo isolato dal resto della casa, lontano dalla distrazioni, dai rumori molesti, e soprattutto con molte ore a disposizione da dedicare alla scrittura e alla lettura; ma appunto questa è una condizione ideale, che non sempre si realizza nella vita di uno scrittore, soprattutto agli inizi, quando deve ancora farsi un nome, e magari è costretto a fare un altro lavoro per campare, che lo tiene lontano da casa per l’intera giornata o quasi, come è stato per me per un lungo periodo della mia vita… a quel punto il problema dell’ubicazione, della location diventa secondario. Quello che realmente ti manca è il tempo da dedicare alla scrittura, e faresti un patto col diavolo per averlo! C’è stato un periodo che mi lagnavo continuamente con tutti di questo, della mancanza di tempo, era il mio ritornello preferito. Sono sempre stato imbattibile nella lamentazione quotidiana, mia moglie mi chiamava, e mi chiama ancora certe volte, Zebedeo!

“Uno scrittore trova sempre il modo per scrivere, in qualunque situazione, in qualunque contesto!” – tagliava corto il mio maestro, quando io mi lamentavo, appunto, anche con lui, del mio lavoro in banca che mi distraeva, e mi impediva di dedicarmi a tempo pieno alla scrittura come avrei tanto desiderato. E ti dico di più, Andrea, aggiungeva, non è detto per niente che da una condizione ideale per scrivere si raggiungano necessariamente migliori risultati. E aveva ragione, ma lo capii anni dopo. Per certi caratteri, come il mio – gli ostacoli, le difficoltà, possono paradossalmente fungere da stimolo, favorire l’estro creativo. Ricordiamoci sempre quel che disse Hemingway, uno che di scrittura se ne intendeva: “Ora non è tempo per pensare a ciò che non hai. Pensa a quello che puoi fare con quello che c’è”. Come esercizio vi propongo di scrivere il prossimo racconto ai tavolini del vostro bar preferito, come faceva Hemingway in molti luoghi dove soggiornava, soprattutto all’Harry’s Bar di Parigi, dove aveva sempre un tavolino riservato. Alla prossima!

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Andrea Carraro

Andrea Carraro, scrittore, nasce a Roma. Se avesse ricevuto un euro ogni volta che sui media hanno usato il termine “il branco” per parlare di uno stupro di gruppo, citando il titolo del suo romanzo più noto, oggi sarebbe ricco. Invece è “solo” uno scrittore tra i più bravi. Romanziere, autore di racconti e di poesie, nasce a Roma nel 1959. Ha pubblicato i romanzi: A denti stretti (Gremese, 1990), Il branco (Theoria, 1994), diventato un film di Marco Risi, L’erba cattiva (Giunti, 1996), La ragione del più forte (Feltrinelli, 1999), Non c’è più tempo (Rizzoli, 2002) (Premio Mondello), Il sorcio (Gaffi, 2007), Come fratelli (Melville, 2013), Sacrificio (Castelvecchi, 2017) e le poesie narrative Questioni private (Marco Saya, 2013). Ha pubblicato anche due raccolte di racconti, confluite nel volume Tutti i racconti (Melville, 2017). I suoi giudizi critici, sensibili ma affilati quando serve, lo rendono un lettore del cui parere fidarsi con tranquillità.

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