Evviva il Re, povero Re

Nascere leone è una fatica che mi annoia solo a pensarlo.

Nascere leone è una fatica che mi annoia solo a pensarlo.

E va bene che mi eleggono Re appena nasco, per privilegio, per il sangue blu che mi corre nelle vene, insomma mi fanno Re perché mi tocca per legge di natura, e fino a qui sono contento e non fa una piega, ma sono il Re della Savana e qui già mi incazzo e mi piace meno.

Sei il Re della savana e ti lamenti?

Ma per caso voi, ci siete mai stati nella savana?

È una cazzo di terra piatta, assolata, piena di polvere che mi arruffa la criniera, non si trova un filo d’erba e manco un albero per pisciare in santa pace o per starsene all’ombra a farsi un sonno. E se per caso dietro a un montarozzo di sabbia ne incontri uno, magari striminzito, coi rami mezzi secchi che ti proietta una sottile lama d’ombra… che ti pensi che sei il solo? Te lo devi litigare l’albero, a ruggiti, zampate e morsi. In questa savana del cazzo, di Re mica ci sono solo io, ci sono altri Re leoni che aspirano alla corona, all’albero e alle femmine.

Alla fine viene eletto il Re dei Re, cioè il Re che a mazzate, fa scappare gli altri Re. Almeno per un po’.

Adesso però qualcuno di voi mi spieghi un fatto, perché da solo mi è impossibile capirne la logica e il criterio di schiaffarmi su questa cazzo di savana dove per il caldo equatoriale che non scherza e ci si può anche morire, mi piazzano una pelliccia intorno al collo, manco tirasse vento e mi dovesse venire il mal di gola… e allora sudo e mi riempio di mosche.

Un Re senza criniera non è un Re è una leonessa… e chi se ne frega… quelle, le leonesse se ne vanno fresche fresche di qua e di là e te la danno solo quando le pare a loro, ed io sarei il Re?

Da qualche settimana all’orizzonte, nel riverbero tremolante del sole, spunta la sagoma di un leoncino senza arte ne criniera… cammina un po’ sbilenco, la regalità è un fatto di esperienza, ma si farà… poi si ferma, si siede e mi guarda. Che fai aspiri a diventare Re? Penso tra me… quasi, quasi vengo là, te regalo sta criniera spelacchiata e senza morsi, né zampate, né ruggiti te faccio Re.

Il ragazzo gira le spalle e se ne va, ma io lo so che tornerà.

Ogni mattina quando il sole si piazza nel cielo, mi alzo lentamente con uno sforzo leonino sulle zampe, mi sistemo sottovento, spalanco le narici e aspetto l’odore di antilope, non ci vuole molto… eccolo l’odore ed eccole arrivare, agili e appetitose… lancio il ruggito della caccia, le leonesse mi guardano e m’ignorano… ne lancio un altro di ruggito, più potente e di riscossa… le leonesse se ne vanno galoppando e mi lasciano da solo come un fesso. Le stronze avranno già mangiato e le antilopi saltando a zig zag, si sfumano all’orizzonte.

Mi fa fatica correre, e poi in quale regno e regno esiste un Re che galoppa dietro la cena, affamato mi abbatto all’ombra e dormo come un Re con un occhio solo.

Eccolo che riappare, questa volta è più vicino, il leoncino si è fatto temerario, lancia un miagolio di sfida e se ne va, ancora non lo sa quanta fatica c’è a fare il Re. Tornerà e speriamo che faccia presto perché sta noia, sta criniera che me prude e sta savana che m’ammazza non je la faccio più.

La vecchia leonessa si stacca dal branco, ritorna, mi sveglia, mi fissa e mi lancia un grugnito d’intesa; oddio è tempo di monta e con questa fiacca e sto caldo l’idea di saltarle sopra mi angoscia… mi alzo comunque e ciabatto dietro di lei, perché se non adempio al dovere di monta non ci faccio una figura da Re. Finito con la vecchia, ecco che arrivano le altre… mi girano intorno ruggendo e pigliandomi a morsi sulle orecchie, e mica sono due, macché, sono sei… il giovane leone nel pieno del calore avanza galoppando, il passo è sbilenco, ma la regalità l’apprenderà, si blocca, mi fissa negli occhi e mi sfida… come a dire ‘queste femmine sono mie, preparati a morire’ io lo fisso, manco ruggisco e con sollievo gli volto le spalle e ciabattando me ne torno all’ombra, mi abbatto al suolo e lasciata la corona, finalmente dormo.

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