Carlo Verdone non è un gusto di gelato, è tutta la vetrina. L’assortimento completo con doppia panna sotto e sopra.
Ai romani succede con lui un po’ come accade con il nostro gelato. La qualità del prodotto è ormai in secondo piano rispetto all’affettività sedimentata nel tempo. Questo rapporto si crea film dopo film, gelato dopo gelato di generazione in generazione, fiducia qualità e rispetto attese e soddisfatte anno dopo anno.
A un romano non interessa altro che zabaione, cioccolato e doppia panna, panna gratis ovviamente. Saporiti, che si sentano, che facciano ricordare la qualità e la semplicità dei tempi di una Roma che non c’è più, se non in sottili scorci tra le vie o seduti in sala davanti a un film di Verdone, dove i romani riversano il loro desiderio di essere rappresentati nel migliore dei modi, pregi e difetti.
Così davanti al cinema vi chiedete cosa sia quel retrogusto amaro che vi resta in bocca a film concluso, o mentre buttate i fazzoletti nel cassonetto fuori dalla gelateria a gelato finito prima di salire in macchina. Realizzate che in quell’amaro c’è il sapore della vita che fa il suo corso, dove ogni gioia viene vissuta a pieno solo se si è consapevoli dell’amaro corrispettivo del dolore.
Ma lo sapete bene, un gelato va gustato tutto anche se finisce, artigianale e naturale, perché non c’è blockbuster che tenga se in sala proiettano Verdone.
E quando la battuta non è perfetta o lo zabaione ha una punta di zucchero di troppo, tutto è perdonato perché per il romano, ai suoi monumenti personali, tutto è concesso.