Pensate che nessuno al mondo vi capisca, che a nessuno freghi un accidente di voi, di quello che pensate, di quello che scrivete? Bene, allora state sulla buona strada per diventare scrittori dell’io, magari anche lagnosi e vittimisti; se invece pensate che tutti vi amano, che il mondo è splendido e generoso, se siete sempre giulivi e soddisfatti anche da sobri, beh, siete sulla buona strada per scrivere romanzi rosa; se invece volete fare gli scrittori comici, umoristici, vi prego, scrivete libri che fanno ridere davvero. Non c’è cosa più triste di un libro che vorrebbe essere comico, che magari si definisce tale, ma non fa ridere. Se invece vi interrogate moltissimo sulla sorte della civiltà, sui massimi sistemi, sul senso della vita, siete probabilmente orientati verso il romanzo filosofico o metafisico e posso anche ipotizzare che non diventerete ricchi scrivendo. Insomma ogni scrittore ha la propria inclinazione, il proprio speciale talento, e per esperienza posso dirvi che serve a poco forzarsi in altre direzioni perché magari editorialmente e mediaticamente funzionano meglio. Per esempio, oggigiorno vanno di moda i gialli, ma se non siete giallisti, thrilleristi, noiristi per vocazione, anche se avete studiato tutte le tecniche del “genere” e avete letto un’infinità di gialli, sarete sempre dei giallisti mediocri, e soffrirete scrivendo e prima o poi tornerete al vostro genere d’elezione, qualunque esso sia. Bisogna assecondare il proprio talento, se vogliamo cavare il meglio dalla nostra scrittura.
Ultimo caso. Se per voi la scrittura più che una effettiva necessità è un modo per entrare in contatto con persone importanti, se è nella sostanza solo un veicolo di affermazione sociale, insomma se più che sbattervi su una frase o su un personaggio amereste sbattervi le veline e conoscere i divi della tivù e andare al grande fratello, beh, vi prego, lasciate perdere da subito. Questo è un mestiere solitario e faticoso, quasi sempre avaro di gratificazioni economiche, che si fa lontano dai riflettori.