Lea posa le mani sui tasti, facendoli lacrimare.
È stanca, delusa, ma deve sostenere la voce eterea di Sara, la cantante. Questa ha i capelli rossi e una voce delicata, e ieri ha fatto l’amore con Luigi, il compagno di Lea.
Durante il concerto non può deludere il pubblico, ma appena scenderanno dal palco l’affronterà. A muso duro. Sara volteggia sulle armonie complesse degli standard jazz, come una gazza ladra, ladra di uomini. È bellissima con il trucco appena accennato e le luci che la trasfigurano in dea. I cocktail sui tavoli sono zuppi di note e saliva di amanti.
Luigi è un avvocato, odia la musica e ama le donne. Tutte. Troppe. Lea lo sa, e quasi si eccita nel trovare quegli odori sconosciuti sulla pelle di lui. Ma questa volta è diverso.
Ora cominciano un brano piano e voce. La band tace, il pubblico tace. Uno sguardo d’intesa e i tasti bianchi e neri cominciano a intrecciarsi alle corde vocali di Sara, in un amplesso di emozioni. Lea dà il ritmo e Sara si lascia guidare, passiva. È una sfida, una danza, un tango a piedi scalzi. Graffiano gli occhi di chi ascolta rapito. Sara, con esperienza, allontana il microfono dalla bocca, si gira verso l’amica e sorridendo a denti stretti le dice: «suona più piano!» Lea risponde al sorriso ma pesta sui tasti con maggiore violenza, invitando Sara alla battaglia. Tra scontri di diaframma e acuti e accordi esasperati, arrivano alla fine del brano.
Nessuno applaude.
La violenza a cui hanno assistito li ha turbati. Solo un uomo al bancone con gli occhi rossi di alcool accenna a un “bravi” imbarazzato.
Sara scende dal palco e la band parte con un blues in punta di piedi. L’atmosfera si scalda di nuovo e tutto si fa mite.
Lea la segue in bagno.
Sono ferme davanti allo specchio. Il rimmel cola dagli occhi di Sara. La sua amica l’abbraccia da dietro, si lecca un dito e con la saliva le pulisce il nero dalle guance.
Sara si gira. Ora sono faccia a faccia.
Lea la afferra per la gola, vorrebbe spingere sulle corde vocali come ha fatto per tutta la sera sui tasti del pianoforte. Sara piega le ginocchia. Sente il freddo delle piastrelle esagonali. Bianche e nere.
«Non lo sapevo.»
«Non parlare.»
«Non l’avrei mai fatto se…»
«Non sono gelosa, non di lui.»
Sara guarda la pianista, interdetta. Le duole il collo, ma la pressione adesso si è fatta più leggera, quasi una carezza. Si abbandona a quella sensazione e cerca di penetrare negli occhi dell’amica.
Lea si avvicina. Sono a un soffio di distanza.
Quando le loro lingue si incontrano riprendono a farsi battaglia, come poco prima sul palco, ma questa volta non ci sarà una resa. E neanche un ubriaco ad applaudire.