Immagino che siate stati anche voi, come me, appassionati lettori di fumetti da ragazzi, e magari lo siete ancora. Ma oggi parliamo di me, rassegnatevi. Io per anni ho saziato la mia fame di storie col fumetto. L’interregno dal fumetto al libro per me durò molti anni. Il mio fumetto d’elezione era Topolino, che acquistavo in edicola regolarmente ogni settimana, forse il sabato, ma più che le storie eponime, cripto-poliziesche o poliziesche proprio, dove il piccolo topo appariva sempre irresistibile e vincente, amavo la quotidianità affannosa e miserabile di Paperino, in cui, con il mio innato ottimismo, già mi proiettavo. Era un vinto, Paperino, un inetto, uno scarto sociale, uno sfigato sempre a caccia di guai (come saranno molti miei personaggi), a cui i tre nipotini Qui Quo Qua, cercavano di rimediare, insieme al vecchio e ricco e avaro ma in fondo buono Zio Paperone, che viveva dentro un deposito/forziere di denaro pieno di monete d’oro e banconote (che idea! Mi piaceva un sacco! E che gusto quando ci si tuffava dentro senza farsi male, quel papero vecchio e affascinante con l’occhialino appeso al collo o appoggiata sul becco, scomparendo sotto il mucchio e lasciando dietro di sé uno spruzzo dorato e scintillante!).
Un’altra cosa che mi intrigava (brutto termine, lo so, pessimo, non me ne viene un altro), a livello semi-consapevole, di quel giornaletto, era che mancavano le figure genitoriali vere e proprie, soprattutto non c’erano padri giudicanti, rompicoglioni, ma soltanto zii generosi e tuttalpiù taccagni
o pasticcioni. E questo era vero per tutti gli eroi inventati da Disney (sia le storie di Topolino/Pippo a Topolinia che quelle di Paperino a Paperopoli, oltre agli altri suoi eroi che non sto a ricordare –; certo un po’ più di immaginazione nella scelta dei nomi ci poteva stare, Walt!, ma tant’è, andava bene anche così. La città in cui Topolino vive, lo ricordo, si chiamava, in inglese, Mouseton, ed è spesso rappresentata come vicina a Paperopoli, la città in cui vivono Paperino, Paperone, Qui Quo Qua. Entrambe le città si trovano nello stato americano fittizio del Calisota, analogo al nord della California.
Leggevo anche altri fumetti, si capisce – Tex Willer, L’intrepido, L’uomo Ragno ecc. – ma solo per riempire il tempo, sapete, nessuno sapeva trasmettermi le emozioni di Topolino. Per me Topolino era una fede, e godevo che mio padre – che a quei tempi era un mito assoluto, la misura e l’antimisura di tutto – approvasse quella mia preferenza, filosofandoci anche sopra.
E voi? Qual è il vostro rapporto con la forma-fumetto? Provate a ragionarci su e a scriverci qualcosa! Alla prossima!