Era il giorno del suo primo appuntamento con Anna.
Si erano scambiati messaggi per mesi ed oggi finalmente l’avrebbe incontrata. Giorgio era incredulo. Aveva avuto il coraggio di invitarla a cena. Ma è stato coraggio o incoscienza continuava a domandarsi angosciato, mentre le ore l’avvicinavano all’arrivo di lei.
Per tutto il giorno cercò di dominare il nervosismo tenendosi occupato. Era un tipo meticoloso e preparò ogni cosa con estrema cura. Buona musica, buon vino, buon cibo, camino accesso.
Quando alle 19 suonò il campanello ebbe un attimo di esitazione, prima di aprire respirò profondamente e si guardò nello specchio in corridoio: occhi blu, mascella pronunciata, capelli nocciola e sorriso un po’ ebete. Tale e quale a ieri sera… pensò, Mamma ha proprio buon gusto. Si rilassò. Questa volta andrà bene decise con un sorriso. Aprì la porta.
Anna era diversa da come se l’era immaginata guardando il suo profilo. Mentre l’accompagnava in salone si stupì di come le dieci foto che aveva visto online avessero costruito nella sua mente un’idea di lei così difforme dalla realtà. Lui, ovviamente, di foto non ne postava mai. Chissà che idea si era fatta lei.
Anna aveva capelli rossi, lentiggini, era snella, aveva un’aria sofisticata e un po’ aggressiva. Se l’era immaginata più bassa, più rotonda, più simpatica, diversa anche nei modi. Non aveva molta importanza dopotutto, doveva solo abituarsi a questa nuova immagine di lei.
Si sedettero in salotto davanti al camino.
Inizialmente tutto filò liscio. Si raccontarono un po’: percorso di studi, lavoro. Lei aveva una passione per il mare, lui per il mare e per le moto. Lei amava i gatti, e anche lui. Che felice coincidenza.
Il ghiaccio era rotto e lui servì la cena.
“Devo confessarti che ti immaginavo completamente diverso” disse lei.
Questa frase lo mise subito in allarme, cercò goffamente di cambiare discorso: “Vuoi un po’ di pollo?”
Lei porse il piatto ma continuò: “Pensa che ti immaginavo coi baffi, mi piacciono i baffi sai.”
Ecco. Era successo. Giorgio la guardò implorante, mentre una vampata di calore cominciò a pervaderlo. Sapeva cosa stava per accadere e provò con tutte le sue forze ad evitarlo. Non voleva. Sentì un formicolio sotto lo sterno, una sensazione lieve e insopportabile che cominciò a risalirgli lungo il collo. Si impegnò con tutte le sue forze, era come tentare di reprimere un enorme starnuto.
Anna vide comparire sul volto di Giorgio l’espressione che avrebbe potuto avere dopo un volo dall’ottavo piano, nell’attimo subito prima di toccare terra. Fu un momento. Dopo solo pura rassegnazione.
“Tutto bene?” gli domandò.
Giorgio fu tentato dall’idea di scappare prima che fosse troppo tardi. Prima d’ora aveva sempre fatto così, era corso a chiudersi in bagno o era semplicemente fuggito senza dare spiegazioni. “Questa volta no” si sorprese a pensare. Avrebbe affrontato la cosa da uomo.
Il formicolio si fermò proprio sotto il suo naso crescendo in intensità fino a dolergli. In quel momento Giorgio percepì i primi peli che cominciavano a sorgere inesorabili bucando la sua sottile epidermide, facendosi spazio nel mondo.
Anna urlò mentre osservava una miriade di peli biondi crescere come rapidi fili d’erba in meraviglioso folto baffo.
Sotto il baffo gli angoli della bocca di Giorgio crollarono all’ingiù, se avessero potuto avrebbero toccato il pavimento.
“Scommetto che avevi immaginato dei baffi proprio così” disse lui triste.
“Ma cos’è successo?”
“Io sono come vuoi tu” disse Giorgio.
“Ma che dici?”
“Io sono e voglio quello che vuoi tu. L’hai visto. Mi volevi coi baffi ed eccoli qui”
Lei chiuse gli occhi. “Non ci credo” sentenziò.
Si guardarono. Il baffo di lui sembrava occupare gran parte della stanza.
Dopo un lungo silenzio lei lo guardò sfidante: “Sai, avrei tanto voluto che tu fossi Giapponese”.
L’ondata di calore tornò dieci volte più violenta di prima.
Giorgio balzò in piedi spaventato.
Il formicolio partì dal cuore e coinvolse rapidamente tutto il corpo, provocandogli un dolore tanto intenso che l’urlo di Giorgio fu udito anche da un gatto randagio in cortile che miagolò forte e se la diede a gambe. Anna si spaventò a tal punto che si rifugiò sotto il tavolo.
Solo pochi secondi e tutto tornò quieto. Anna riemerse da sotto la tovaglia.
Giorgio si intravede nel riflesso nella finestra sopra la cucina. Ora era la copia sputata di Kohei, il suo amico giapponese dell’università. Il suo potere non era nemmeno dotato di originalità, solitamente andava a pescare nei suoi ricordi più vividi e si ispirava a quelli. Evidentemente Kohei era il suo modello di Giapponesità. Mingherlinissimo, occhi neri. Altro che baffi, nemmeno un pelo.
“Grazie” disse sarcastico Giorgio. La sua voce era diversa, più squillante, con un lieve accento Nipponico.
Anna cominciò a ridere senza contegno. “Scusa” disse, cercando di calmarsi. “Rido quando sono nervosa.” Lo guardò intensamente.
Era stato un fiasco. Giorgio decise in quel momento che non ci avrebbe riprovato mai più. “Mi spiace di averti coinvolta. Se vuoi andare non mi offendo. Ti accompagno”
“Ora ti credo” disse lei.
Si sporse oltre il tavolo e lo baciò lievemente.
“È un bacio di consolazione?” disse lui
“No. Davvero mi piacciono gli occhi a mandorla. Sei bellissimo.”
Era la prima volta che a una donna piaceva per com’era – o per ‘come voleva lei’ insomma – con annesse trasformazioni e stranezze. Pensò che si poteva abituare a una vita Asiatica. La baciò appassionatamente. Fu un bacio perfetto e lunghissimo.
Quella notte fecero l’amore per ore. Lei, scoperto il suo potere, non esitò a confessargli tutti i suoi desideri. Lui si sentì un po’ usato ma non si tirò indietro. Fu bello, ma non sincero.
Prima di addormentarsi lei notò una foto sul comodino. Era un uomo tondarello sulla quarantina con un po’ di chierica, il volto tondo, i capelli riccissimi e un sorriso simpatico.
“Chi è” gli chiese?
“Sono io. Il vero me. Ho la foto così non mi dimentico” rispose lui, e un desiderio così intenso da provocargli un po’ di nausea lo colpì. Avrebbe tanto tanto voluto che lei lo volesse così, com’era davvero.
“Ah” disse lei, sbadigliando “Sei meglio così sai?”. Lo abbracciò e si addormentò subito.
Giorgio ci mise un po’ a prendere sonno e da subito entrò in incubi complicati. Prima era a cavallo di un Bufalo nelle praterie del Texas, poi sul monte Fuji, insieme al suo amico Kohei che lo costringeva a continuare a camminare. Dalla vetta si sporse una gigantesca Anna che lo guardò vogliosa, e disse: “Mi piacerebbe tanto che tu fossi un Geco, sono i miei animali preferiti”.
Quando si svegliò non capì subito dove fosse. L’alto e il basso dovevano essersi scambiati.
Restò così, attaccato al soffitto della sua camera da letto, guardando da sotto in su Anna, che dormiva serena. Sperando intensamente che quando si fosse svegliata l’avrebbe riconosciuto e l’avrebbe desiderato di nuovo almeno umano, se non proprio se stesso.
Ma evidentemente i gechi non erano gli animali preferiti di Anna. Quando lei si svegliò e vide la piccola lucertola che la fissava con i suoi occhi tondi dal cuscino accanto al suo, cacciò un urlo, l’acchiappò sotto un bicchiere e la scaricò senza pensarci due volte nel gabinetto.
“Come arcipelaghi” di Caterina Perali (Neo. edizioni)
Senza pretendere di dare risposte, il romanzo racconta un frammento delle storie di alcune donne e delle loro famiglie elettive, i loro legami forti e la loro presenza reciproca nei momenti più importanti dell’esistenza.